Sei in: Storiamedievale ® Pre-Testi |
Versione italiana |
Torre
Scanzana, oggi nota come Torre del faro o semplicemente faro, fu edificata nel
XVI secolo su ordinanza del vicerè spagnolo. Dino D’Angella
riporta nel suo Saggio storico [1]
un decreto regio del 1568 per l’istituzione di un corpo armato di
cavalleria lungo la costa jonica che
parla esplicitamente dell’edificazione di un sistema difensivo: «Havendo li
illustrissimi et Eccellentissimi Viceré del presente Regno ordinato la custodia
et securtà de tutte le marine di detto Regno per lo quale ha fatto costruire ed
edificare molte torri [...]». È tuttavia necessario mettere in
relazione quanto si è appena osservato con il “nucleo” del decreto nella
parte riguardante Montalbano e Pisticci per comprendere meglio la questione.
«MONT’ALBANO:
Cavallari tre li quali habbiano da guardare e discorrere da detto luoco et
Pantano di S.Basile infino alla bocca del fiume Acri, s’habbiano da pagare a
detta ragione di ducati tre per ciascuno il mese et hanno da servire per detto
tempo.
Mont’Albano
predetto cavallari dui li quali s’habbiano da guardare, servire ed discorrere
dalla bocca di detto fiume, cioè infino alla torre della Scanzana,
et carricaturo di S. Stefano; s’hanno da pagare alla ragione suddetta et
servire per detto tempo.
PISTICCI: Cavallari dui li quali habbiano da guardare et discorrere da detto luoco et Torre della Scanzana insino alla bocca del fiume Basento; s’hanno da pagare alla ragione predetta di ducati tre per uno il mese et hanno da servire per il tempo predetto».
Torre
Scanzana era, stando alle notizie fin qui esaminate, un “crocevia”, un
“nodo” essenziale nella rete di fortificazioni atte a difendere la costa,
come si può evincere dalla funzione che il suddetto decreto sembra attribuirle.
In effetti in località «Criminale», a breve distanza da Torre Scanzana si
possono vedere i resti di un’altra torre, detta Torre Mozza [2],
in pessimo stato di conservazione, palese testimonianza dell’esistenza, in
loco, di un sistema difensivo più articolato.
In
effetti il Rondinelli [3]
ci informa di un’incursione turca in Calabria e Lucania prima del 1580, meglio
ancora, nel 1555: evidentemente la costa jonica dovette essere il punto dal
quale i pirati, una volta sbarcati, dovettero dare inizio alle scorrerie. Si
comprende meglio, in questo modo, il testo dell’iscrizione posta sulle mura di
Montalbano: la cittadina dovette fruttare un lauto bottino alla ciurma di
malviventi. Inoltre, secondo lo stesso Rondinelli, i banditi non risparmiarono
incendi, oltre ai saccheggi. Di qui la necessità di un sistema di
fortificazioni lungo la costa atte al controllo dell’orizzonte, il cui
funzionamento era strettamente legato al compito richiesto ai cavallari:
«[...] discorrere dette marine, ciò la notte per il tempo et loco, che stanno
qui notati con la vigilanza che se reca ordinandolo in nostro nome, si come noi
li ordiniamo che debbano attendere di detta guardia con la diligentia, che si
deve, discorrendo continuamente, che per il territorio, che a ciascheduno
d’essi sta commesso... rispondendo l’uno cavallaro all’altro da posto in
posto, et così anche con li guardiani delle torri, quali se trovano situate tra
detti luochi che essi cavallari discresendo, et detti cavallari s’habbiano da
eligere idonei [...]». Si noti, oltre alla chiarissima descrizione di un
sistema difensivo ed anche di telecomunicazione in
nuce, quanto il dispaccio sia preciso ed insista sulla competenza e sulla
serietà dei cavallari:
l’ipotetica scorreria turca dovette procurare seri danni ai fertilissimi campi
della costa jonica (gli stessi che il governo attuale, con una scorreria non
meno “piratesca”, stava per avvelenare nel novembre 2003 con le scorie
nucleari) e all’economia del luogo, per non parlare del violento impatto che
l’evento dovette avere sulla stessa comunità scanzanese e montalbanese.
Ma
verosimilmente i due centri non furono l’unico obiettivo delle razzie. Stando
allo stesso decreto regio si può notare come l’area interessata fosse
l’intera fascia jonica,
Rocca
Imperiale a
Bernalda,
grosso modo i confini est e ovest della costa jonica lucana. Si noti inoltre che
sono interessati anche centri situati nell’entrotrerra come Tursi, da cui i cavallari dovevano «discorrere»
fino alla «torre della Bullita»,
vale a dire il territorio in cui oggi sorge Nova Siri Scalo. Ciò fa pensare ad
un utilizzo delle fortificazioni più antiche, cui andò in supporto la nuova
serie di costruzioni sulla costa: dalle mura di Montalbano o di Pisticci o dalla
“Petrolla”
era (e lo è tutt’oggi, barriere architettoniche permettendo) possibile
controllare ampie porzioni di costa, senza contare il castrum
di Policoro, attestato già in età sveva, dove, come tramanda Riccardo da San
Germano [4], nel 1232 Federico II radunò le truppe per la spedizione contro i Saraceni di
Sicilia.
D’altra
parte il Libro Negro della città di Pisticci [5]
ci informa che «Alli 24 di ottobre 1567
partio da Napoli davante me Stefano di Maria commissario de
Queste
informazioni vanno a sposarsi perfettamente con un altro decreto regio del 1567
riportato dal D’Angella [6]
«contro i fuoriusciti e i delinquenti»,
che riporta: «[…] Magnifici Capitanei,
luogo tenenti, Sindaci, Eletti, università et homini delle sottoscritte Città,
terre, luoghi di queste Provincie nostre carissime. Nell’anno passato essendo
aumentati li forosciti li quali perturbavano il quieto vivere delli regi subditi,
commettendone varii furti et eccessi, anzi con miglior agilità s’havessero
potuto discacciare et estirpare, fu ordinato a molti delle sottoscritte terre,
et luochi che avessero creati et eletti un certo numero di patricuriati et
homini atti all’arme et scoppettieri con ordinarli il loro capo, con li quali
ogni volta, che s’intessono forosciti nelli territori si dovesse uscire de un
capo con una squadra, et perseguitarli, et pigliarli, et li capitanei, Sindaci,
et eletti, si havessero donato aviso alle altre terre convicine… Noi con la
presente ordiniamo esserci forosciti et delinquenti nel loro territorio debbiono
uscire in loro persequutioni, et usare diligentia a cercarli, e cercarli e
carcerati li conducono in questa Regia Hudienza et a fin che se li possa dare il
condegno castigo, promettendo che quelli, che li ragione spetteranno alla corte
di dette terre remittendoli qundo bisognerà uscire con loro gente ultra
l’allestito debbiano detti capitanei , luochitenenti, Sindaci et Eletti uscire
con l’altri et discacciarli et fare di modo, che a detti delinquenti non s’offerisca
comodità di repatriare, et delinquere nelle loro terre, della quale eletione
delli soldati fra sei giorni si debbiano mandare lista autentica in questa Regia
audienza…
Dato
in Salerno il dì 7 aprile 1567… Pisticci soldati venti in una squadra. Segue
lista dei soldati fatta dall’univ. Di Pisticci […]».
Allo stesso 1567 risalgono i Capitoli
della città di Pisticci riportati nel Libro Negro [7],
volti a regolamentare la vita civile del centro in modo singolarmente rigoroso.
Tutto ciò fa pensare ad una situazione, se non di emergenza, quantomeno di
tensione.
La piaga endemica del banditismo in quel periodo dovette aggravarsi, perché no, inasprita dalle frotte di galeotti “residui”, rimasti in loco dopo le suddette scorrerie. Ma a questo punto la datazione al 1555 della scorreria turca proposta dal Rondinelli sembrerebbe troppo antica. Considerando, però, i due decreti nel loro ordine cronologico (oltre al fatto che ci dovette volere del tempo prima che le “Università” si organizzassero) si può giungere ad altre conclusioni: dal decreto del 1567 si evince che le squadre armate organizzate a Pisticci (e verosimilmente negli altri centri del circondario) dovevano vigilare e «ogni volta, che s’intessono forosciti nelli territori» […] «uscire de un capo con una squadra, et perseguitarli, et pigliarli, et li capitanei, Sindaci, et eletti, si havessero donato aviso alle altre terre convicine…». Bisognava che avvertissero le guarnigioni dei centri vicini. Questo suggerisce un utilizzo delle fortificazioni più antiche poste nell’entroterra, sebbene un anno prima del decreto sui cavallari la rete di fortificazioni costiere cui apparteneva Torre Scanzana dovesse essere già efficiente.
Avanziamo
un’ipotesi: fino al 1567 le fortificazioni costiere avevano un'altra funzione,
cambiata a partire dal 1568 con l’istituzione del corpo di cavalleria.
Prendiamo in considerazione Montalbano e Pisticci, gli unici centri i cui cavallari avevano come meta comune Torre Scanzana. Come si
sarebbero comunicati gli eventuali avvistamenti bande armate dalla costa alle
mura urbane? Il sistema di comunicazione doveva essere “doppio”: i due
centri dovevano comunicare tra di loro tramite la Petrolla,
che nel XVI secolo (più precisamente, nel 1553) è pure attestata come «Difesa della Petrolla»
[8],
dalle cui fortificazioni era possibile, come si è già detto, controllare la
costa, da dove i guardiani di stanza nelle fortificazioni costiere dovevano
confermare gli avvistamenti con eventuali segnali e da dove i “cavallari
dovevano «discorrere» al fine di
avvertire le torri vicine. Si noti che, come i cavalleggeri di Pisticci e
Montalbano avevano come punto d’incontro Torre Scanzana, così lo avevano
quelli di Montalbano e Tursi al «Pantano
di San Basile» e quelli di Bernalda e Pisticci alla foce del “fiume Salandrella». Allo stesso modo i due corpi di
cavallari
di Tursi e Rocca Imperiale si sarebbero incontrati alla foce del Sinni.
Qui
abbiamo un altro spunto di riflessione. Montalbano e Tursi sono, stando al
decreto del 1568, gli unici due centri a dover fornire un maggior numero di cavallari,
più precisamente due squadre composte da 2+2 “cavallari” per Tursi e 3+2
per Montalbano. Non a caso le due cittadine sono poste esattamente al centro sia
dell’elenco riportato dal decreto che dello stesso sistema urbano preso in
considerazione. Prendendo in considerazione i tre “punti di tangenza” dei cavallari di Tursi, Montalbano e
Pisticci, ci accorgeremmo che essi segnano un’area più ristretta compresa tra
l’odierno lido di Pisticci e Policoro-Nova Siri. Guarda caso, la linea in cui
le fortificazioni costiere sono più distanti da quelle dell’entroterra: a
Policoro il castrum citato doveva
fungere da “tappa intermedia” tra le fortificazioni costiere e i centri
interni come Rotondella e Nova Siri (paese); a Pisticci c’era la
masseria-castello di San Basilio a comunicare con le torri cittadine e con le
fortificazioni di Torre di Mare, l’odierna Metaponto, che era a sua volta era
“collegata” con Bernalda. C’era dunque bisogno di un’azione
“combinata”. L’area che resta è proprio quella di Montalbano e Scanzano,
dove non troviamo fortificazioni “intermedie” tra la costa e l’entroterra:
come facevano i due sistemi difensivi a comunicare tra loro? A mio avviso un
ruolo chiave lo dovette avere, a tale scopo, il gran numero di masserie
fortificate presenti nella zona, come Andriace (Casale
Andriachium, masseria fortificata),
Masseria Castello di Recoleta
(per un’ipotesi di datazione anteriore al XVII secolo di quest’ultima, vedi
l’articolo
ad essa relativo
in questa stessa rubrica),
come lo ebbero poco lontano la suddetta masseria-castello di San Basilio e Santa
Maria del Casale, presso Pisticci.
Al di là della datazione di un’eventuale scorreria turca al 1555, il territorio in questione dovette aver bisogno, negli anni ’60 del XVI secolo, di una riforma radicale, non solo dal punto di vista delle strutture e militare, ma comunicativo ed organizzativo più in generale.
BIBLIOGRAFIA DI BASE:
·
Dino
D’Angella, Saggio storico sulla città di Pisticci, Pisticci 1978.
· U.
J. Andreae Martii Liber Niger Civitatis Pisticii, Opera
A. D. 1567, edited by C. Spani,
Roma 1988.
· Riccardi
de S.Germano Chroncon, in G. Del Re,
Cronisti
e Scrittori sincroni napoletani, II: Svevi, Napoli 1845-1868.
· Prospero Rondinelli, Montalbano Jonico ed i suoi dintorni. Memorie storiche e topografiche, Taranto 1913.
NOTE
1 Dino D’Angella, Saggio storico sulla città di Pisticci, Pisticci 1978, pp.121-123.
2 Si rimanda la descrizione della torre ad una prossima scheda, in quanto l’agibilità del sentiero che vi conduce è stata scarsa per diversi giorni a causa delle continue piogge e pertanto non è stato possibile a chi scrive raggiungerla nei giorni passati.
3 Prospero Rondinelli, Montalbano Jonico ed i suoi dintorni. Memorie storiche e topografiche, Taranto 1913, pp. 34-35: il Rondinelli si rifà ad un “fascicolo manoscritto del tempo [1573] contente grazie e privilegi, chiesti dalla cittadinanza montalbanese al nuovo principe Don Garzia de Toledo dopo il 1573, cioè dopo che costui ebbe comprato Montalbano e preso possesso del feudo.
4 Riccardi de S.Germano Chronicon, in G. Del Re, Cronisti e Scrittori sincroni napoletani, II: Svevi, Napoli 1845-1868, p. 76.
5 U. J. Andreae Martii Liber Niger Civitatis Pisticii, Opera A. D. 1567, a cura di C. Spani, Roma 1988, p. 132: “Militi di Pisticcio”.
6 Dino D’Angella, Saggio storico sulla città di Pisticci cit., pp. 119-120.
7 U. J. Andreae Martii Liber Niger Civitatis Pisticii cit., pp. 49-84 (nella versione originale latina: pp. 85-125 tradotti in italiano).
©2004 Pierfrancesco Nestola