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di MARCO CORTESE

La Visione di Re Arduino, di Luigi Morgari, 1904 (Santuario della Consolata, Torino).

  

Si potrebbe iniziare a parlare di re Arduino parafrasando una celebre frase de I Promessi Sposi: «Arduino, chi era costui?»; infatti, alle volte, sembra quasi che questo personaggio storico realmente esistito in carne ed ossa sia avvolto da un alone leggendario per le sue imprese perlopiù guerresche e per i suoi ideali politici per i quali, nell’insieme, è addirittura citato spesse volte dalla letteratura romantica e dall’ideale risorgimentale come campione dell’indipendenza italiana, come primo esempio d’intendimento nel voler unificare la penisola italiana. Ma tutto ciò è da ridimensionare perlomeno in parte e riprenderò l’argomento in seguito; ora passiamo ai fatti storici.

Le origini di Arduino sono incerte, come incerta è la data di nascita, a quanto pare il 955. Alcuni studiosi moderni rifiutano la discendenza di Arduino dagli Anscarici (o Anscarii, di origine borgognona o franca) - anche se questa ipotesi è molto solida - basandosi sulla mancanza di documenti che provino realmente la diretta discendenza da Anscario I, marchese di Ivrea. Nessuna contestazione sul nome del padre, Dadone (la madre è sconosciuta), bensì pareri diversi sempre sulla discendenza: chi si schiera per l’ipotesi anscarica e chi si schiera per l’ipotesi del già citato Dadone conte di Milano (Dato comes Mediolanensis) e possessore di terre nella zona di Pombia (il comitato di Pombia era parte della marca anscarica). Ancora una precisazione sulle origini riguardo il presunto collegamento parentale fra Arduino ed Arduino il Glabro, degli Arduinici (o Arduinii, di origine franca), marchese di Torino, secondo il quale quest’ultimo sarebbe stato suocero di Dadone, perché questi maritato con una delle figlie, ma è anche qui tutto da provare, perché mancano documenti in merito. A quanto pare gli storici hanno azzardato questo collegamento tenendo conto del nome, considerazione da prendere con le molle perché il nome Arduino in quell’epoca era alquanto diffuso. Per la scelta a favore degli Anscarici può essere che gli storici abbiano voluto dare un senso di continuità dinastica all’elezione di Arduino a re d’Italia (Regnum Italiae), in quanto Berengario II, re d’Italia nel 950, apparteneva alla famiglia degli Anscarii.

Re Arduino.

Nel 989, per disposizione imperiale, la marca d’Ivrea viene passata ad Arduino, ciò quasi sicuramente per merito dei buoni rapporti che legavano il padre Dadone con l’imperatore germanico Ottone I. Cosicché Arduino succede all’ultimo anscarico, Corrado Conone, ottenendo la suddetta marca, tra l’altro, già ridotta nella sua estensione originaria in quanto da una parte di essa era stata costituita la Contea di Auriate guidata dalla famiglia degli Arduinici, che diventeranno a breve marchesi di Torino. Quando Arduino riceve la marca essa comprende le città episcopali di Ivrea, Vercelli, Novara e territori circostanti; in seguito egli riesce ad estendere i suoi possedimenti e la marca comprenderà, oltre alle città e zone già citate,compreso il Canavese, i territori di Burgaria, Pombia,, Ossola, Stazzona e Pomello, ovvero le attuali province di Biella, Vercelli, Novara, Verbania e parte della provincia di Pavia, nella Lomellina. Vorrei solo precisare che in quell’epoca stabilire confini precisi e di periodo di possesso non è così facile, direi impossibile, perché l’epoca è tormentata da vari mutamenti, è un’era di ‘passaggio’, di transizione,  soprattutto nel sistema politico-organizzativo, visto che da poco è caduto il Sacro Romano Impero ideato da Carlo Magno, ripreso sì dagli imperatori germanici, ma non certo come nel periodo carolingio; ormai in Italia si sono mosse varie forze centrifughe e destabilizzanti per l’Impero, creando spaccature non indifferenti.

Nel 997 iniziano i contrasti di Arduino con i vescovi locali, in seguito alle immunità concesse dagli imperatori tedeschi a questi ultimi. è in questo periodo che comincia la “guerra” di Arduino contro il potere temporale della Chiesa, ormai mal sopportato, anche perché i vescovi tendono ad ampliare sempre più i loro territori e la loro ingerenza a danno dei possedimenti del marchese d’Ivrea. è questa la lotta principale intrapresa da Arduino fra potere temporale e spirituale, quindi l’assunzione del futuro re come effige della guerra d’indipendenza italiana perde un po’ di valore, in quanto ben si comprende che egli non ce l’aveva tanto coi tedeschi, ma, appunto, con il potere vescovile. In particolare Arduino si accanisce inizialmente contro i vescovi di Vercelli ed Ivrea, riuscendo a conquistare alcuni territori da loro posseduti. Riporto un’allocuzione pronunciata dal vescovo di Ivrea Warmundo (o Varmondo), uno dei maggiori antagonisti di Arduino:

«Sappia la carità vostra, o fratelli miei, che un certo tale di nome Arduino, posponendo per consiglio diabolico le cristiane promesse fatte nel battesimo e la fede giurata a questa Santa Chiesa Eporediese, abbandonato il servizio di Dio e della Santa Chiesa, voltosi in apostasia ed al demonio, al quale e alle cui opere aveva rinunciato, non teme di dare il guasto e di derubare la vigna del Signore, cioè la Chiesa di lui, opprimendo e uccidendo i poverelli di Cristo, redenti col prezioso suo sangue, assiduamente rapinando le loro sostanze. Or dunque, perché costui doveva essere figlio di questa Chiesa a noi commessa per volere di Dio, ed invece si è reso nemico e persecutore di quella; perché rinato in essa per l’acqua e lo Spirito Santo, annoverato fra gli adottivi figlioli di Dio, egli con l’imitare il demonio si dimostrò figlio di questo, noi dobbiamo andar solleciti affinché nessuna delle pecorelle nostre non vada in perdizione per la pastorale nostra negligenza, e non abbiamo poi a render conto di essa al Principe dei Pastori Gesù Cristo Signore Nostro nel tremendo giudizio, giusta quanto Egli stesso ne minaccia. Mandammo a lui un sacerdote nostro con lettere ammonitrici, una volta, due volte ed una terza, secondo i canoni, invitandolo ad emendazione, satisfazione e penitenza, e rimproverandolo con paterno affetto. Ma esso, purtroppo, con diabolica ostinazione disprezzò i nostri avvisi salutari; chè anzi, perdurando nella sua prima malizia, di giorno in giorno fa peggio e, imitatore di Giuliano l’Apostata, gonfio di superbia, sdegna di soddisfare alla Chiesa di Dio. Contro simili trasgressori e violatori della santa legge, e di quella pace che Gesù Cristo donò e lasciò ai suoi Discepoli, abbiamo precetti divini ed apostolici che ci prescrivono quello che dobbiamo fare di costoro. Infatti dice il Signore nel Vangelo: ‘Se il fratel tuo è fornicatore, od omicida o ladro, non t è lecito prender cibo con lui’. Adempiendo pertanto i precetti divini ed apostolici, questo putrido membro, incapace di medicina, troncheremo dal corpo della Chiesa, col ferro della scomunica e di una terribile maledizione, affinché le altre membra del corpo nostro da sì pestifero morbo non vengano avvelenate».

Già tira aria di scomunica: così avverrà da parte di Warmundo, tramite un solenne documento letto durante la messa domenicale nella Cattedrale di Ivrea e nelle Pievi della Diocesi stessa.

«Malediciamo Arduino ed Amedeo suo fratello, predoni e devastatori della chiesa di Dio; malediciamo tutti i cittadini d'Ivrea che loro diedero aiuto e consiglio; siano maledetti nella città, nei campi, maledetti i loro beni e le loro terre e gli armenti e tutti i loro animali, maledetti dove entrano, donde escono; mandi Iddio su di essi la fame e la pestilenza: siano maledetti vigilanti, viaggianti, dormenti, riposanti. Li percuota Iddio con miserie, febbri, geli, arsure, infermità fino alla morte. Li percuota il delirio, la cecità, il furore della mente in ogni tempo, i loro figli siano tosto orfani e vedove le mogli. Dio fagli come rota al vento, come fuoco che avvampa in foresta, come fiamma sprigionata dai monti. E queste maledizioni tutte, dalla pianta dei piedi al vertice dei capelli, li avviluppino per ogni dove, finché non tornino penitenti e sommessi nel seno della madre chiesa. E tutta la plebe di questa madre chiesa dica: "Così sia, così sia". Amen».

 

A sinistra, il testo della scomunica nel Codice Varmondiano conservato nella Biblioteca Diocesana di Ivrea. A destra, il vescovo Warmundo.

    

Tra il 13 febbraio e il 17 maggio 997 Arduino, con i suoi vassalli minori (secundi milites), assedia e conquista Vercelli, bruciando la Cattedrale, dove periscono il vescovo Pietro di Vercelli, canonici e sacerdoti. Naturalmente questa violenta reazione di Arduino desta molto scalpore, anche perché il mondo dell’epoca è veramente impregnato di cristianità, la funzione della Chiesa è ancora di estrema, vitale importanza. Arduino con quest’atto perde un po’ di popolarità, anche fra gli ambienti nobili; l’imperatore Ottone III si schiera col nuovo vescovo di Vercelli, confermando i suoi possedimenti. Ma Arduino continua la sua battaglia contro i vescovi, sicché questi ultimi, in particolare il solito Warmundo, decidono di rivolgersi al papa, Gregorio V, inviandogli una lettera per sottoporgli la pesante situazione. Da par suo il papa risponde alla richiesta con lo stesso mezzo, ovvero indirizzando, nel maggio 998, una lettera ad Arduino invitandolo a terminare la sua azione contro i vescovi, onde evitare una futura scomunica. La lettera di Gregorio V, tra l’altro primo papa tedesco e cugino dell’imperatore, è comunque abbastanza conciliante, forse perché il papa era già stato oberato da altre difficoltà precedenti, infatti i rapporti fra papato ed imperatore non erano stati così lineari ed oltretutto aveva dovuto affrontare la disputa con un antipapa sostenuto dai nobili romani.

Nel 999 Gregorio V muore e viene sostituito da Silvestro II, su imposizione di Ottone III. Questo papa è più docile da comandare per l’imperatore e, nello stesso anno dell’elezione, indice un Sinodo a Roma nel quale sono presenti sia Arduino sia Ottone III. Silvestro II interroga Arduino sui fatti accaduti a Vercelli e sulla morte del vescovo della città: il marchese non ha problemi a dichiararne la sua piena responsabilità. Di conseguenza al papa non resta che scomunicare Arduino: «Che egli da ora in poi non porti più armi su di sé, non mangi carne, non baci né uomo né donna, non porti vesti di lino e non dorma, se sta bene di salute, più di due notti nello stesso luogo, non riceva il Corpo di Cristo se non in punto di morte. Consumi la sua penitenza in luoghi dove non vivono persone che lo hanno accusato con giuramento. Se non volesse accettare tutto questo si ritiri come monaco in un monastero». Codesto il fiat, il così sia del papa. Inoltre l’imperatore, forte della decisione papale, ordina la confisca dei beni di Arduino. La Marca di Ivrea viene destinata ad Ardicino, figlio di Arduino, ma questi non accetta la situazione a carico di suo padre e coi suoi fedeli si ritira nella Rocca di Sparone.

Ed ora, amici lettori, cosa credete che abbia deciso Arduino? Penso che lo immaginerete, visto che le prove fin qui riportate del suo carattere ostinato e deciso non destano dubbi, ancor più direi il suo coraggio, forse quasi arrogante, nei confronti del papa e dell’imperatore. Infatti il marchese decide di continuare la sua lotta, probabilmente tanto più fermo nelle sue intenzioni in seguito agli ultimi eventi: il potere vescovile ed imperiale deve finire una volta per tutte. Proprio con il 1000, l’anno in cui per molti sembrava tutto dover finire, cominciano i successi per Arduino, anche se poco durevoli, e si conferma l’aura di credibilità intorno a lui come liberatore del Regnum Italiae dallo "straniero", tema che verrà ripreso avanti nei secoli. Frattanto è ancora nell’anno Mille che Ottone III concede a Warmundo, vescovo di Ivrea, i pieni poteri sulla città, anche ampliando il raggio d’azione del vescovo stesso su altri territori circostanti; inoltre concede altri privilegi ad altri vescovi… la storia continua.

è nel 1002 che abbiamo la svolta: infatti l’imperatore che aveva in mente la Renovatio Imperii Romanorum, ovvero il ritorno all’antico splendore dell’impero romano, muore, tra l’altro non molto capito dal popolo romano e circostante. I cavalieri germanici si devono dare un gran da fare per difenderne la salma nel trasporto al luogo di sepoltura. Arduino, come si userebbe dire oggi, coglie la palla al balzo, e, sostenuto dai secondi milites, si fa eleggere re d’Italia a Pavia, nella basilica di San Michele, classica sede per un’elezione del genere, la città che era stata capitale del regno longobardo e che continuava ad assumere un ruolo decisamente preminente per l’incoronazione italiana. L’elezione è sostenuta dagli Obertenghi della Liguria, dagli Alemarici del Monferrato, dal vescovo Pietro di Asti; gli sono invece contro i vescovi di Pavia, Vercelli, Novara, Parma e Piacenza ed i Canossa dell’Emilia; incerti sono i marchesi di Toscana e, non ci crederete, Warmundo, che, direi, con questa decisione rispecchia decisamente l’intricata era di giochi di potere che stiamo anche esaminando con questa storia.

La basilica di San Michele (Pavia).

   

Nello stesso anno, in Germania è eletto re Enrico II di Sassonia, duca di Baviera, il quale viene subito chiamato in aiuto in Italia dai nemici di Arduino, in particolare il vescovo Leone di Vercelli, che aveva perso la sua sede. Il re accoglie la richiesta e decide di inviare nel Regnum Italiae, al fine di debellare il potere di Arduino, Ottone di Carinzia, che si trova nel territorio della disputa fra il dicembre 1002 ed il gennaio del 1003. Alle Chiuse dell’Adige le truppe germaniche vengono sconfitte, benché la vittoria arduinica sia ridotta dal fatto che arrivano a sostegno dell’esercito tedesco alcune milizie italiane sfavorevoli al re d’Italia (concedetemi, a merito dell’impresa di re Arduino, di usare quest’ultimo termine più volte e con enfasi, licenziosamente: infatti sappiamo bene che il Regnum Italiae non comprendeva tutta la penisola; anche se, d’altra parte, la reale connotazione territoriale del Regno d’Italia non può essere contestata nel preciso periodo storico che sto esaminando).

Purtroppo, nel 1004, Enrico II ridiscende in Italia, deciso a risolvere la questione arduinica; stavolta ha successo; infatti in Val Sugana il re d’Italia viene sconfitto e, in seguito, accadimento ancor più nefasto, il re di Germania si fa incoronare a Pavia re d’Italia, così togliendo la sospirata corona dalla testa di Arduino. Però l’incoronazione ha un duro risvolto negativo per Enrico, in quanto, causa una rivolta popolare dei pavesi, deve fuggire di gran fretta dalla città, a rotta di collo. Decisamente in quelle zone gli stranieri non erano molto ben visti! Intanto Arduino si rifugia nelle sue terre, naturalmente in attesa della rivincita, certo non demorde ancora, anche perché ha ancora molti sostenitori al suo fianco, che non riconoscono ancora l’autorità di Enrico II.

Uno dei maggiori avvenimenti della vita del re è l’assedio della rocca di Sparone, nell’Alto Canavese, in provincia di Torino, dove si rifugia Arduino contro i germanici. Fino a non molto tempo fa il fatto era stato datato al 1004, ma esiste un’altra tesi che sostiene che il famoso assedio sia avvenuto nel 1007. La lapide commemorativa affissa sulle mura della rocca di Sparone riporta come data l’anno 1004. è quasi certo che l’assedio sia durato un anno, comunque è sicuro che Arduino abbia avuto la meglio contro i suoi nemici. Ho avuto il piacere di visitare il sito ove si trovano i ruderi della rocca con annessa la cappella di Santa Croce dell’XI secolo; il luogo dell’assedio si trova a pochi chilometri rispetto a dove abito. è sempre una forte emozione visitare siti storici, possiamo immaginare il gran trambusto dell’assedio, le urla d’incitamento, il frastuono delle spade che cozzano fra loro, le scintillanti corazze, il sibilo delle frecce, le preghiere rivolte a Dio… Immaginiamo la tensione dei difensori nel vedere arrivare gli assedianti dalle verdi valli canavesane. In questo luogo della cinta muraria e delle mura interne alla rocca sono rimasti pochi ruderi, che comunque danno un’idea ben definita del complesso; la cappella è la parte più integra, tenendo anche conto dei vari rimaneggiamenti nel corso dei secoli; qualche erbaccia di troppo…

La rocca di Sparone (Torino) e, in basso, il castello di Masino (Caravino, Torino).

   

In ogni caso con la vittoria di Sparone Arduino riprende f, rientra anche nella Marca di Ivrea, e continua la sua solita lotta, soprattutto contro il potere vescovile, in particolare si accanisce contro Vercelli, Como, Brescia, Novara; anche se Enrico II è sulla carta re d’Italia, Arduino continua ad essere re di fatto.

Un’altra data importante è il 1005, quando re Arduino concede dei territori per la costruzione dell’abbazia di Fruttuaria, in San Benigno Canavese; l’abate è Guglielmo da Volpiano, nipote del re. Invito i lettori ad andarla a vedere, come anni fa ho potuto fare io (dovrei tornarci perché devono aver ampliato la visita con nuove aperture di settori della chiesa), merita certo una visita accurata, infatti è parte integrante della storia del re, come vi accorgerete poi.

Nel 1013 Enrico II ridiscende in Italia ed Arduino, tramite ambasciatori, propone al re di concedergli un comitato, presumibilmente il territorio di Ivrea, ma la richiesta viene respinta.

Nel 1014 Enrico II è incoronato imperatore a Roma da Benedetto VIII, anche se poco dopo scoppia nella città una grande rivolta contro i tedeschi, capitanata dai soliti Crescenzi, famiglia nobile romana molto influente in quel periodo. Scrive lo storico dell’epoca Ditmaro, al seguito di Enrico, «la zuffa s’appiccò vigorosa tra i romani e gl’imperiali e molto sangue fu sulle prime sparso. Da ultimo la notte separò i combattenti». Sostengono la rivolta anche i marchesi di Liguria, gli Obertenghi, che, ricordiamo, sono a favore di Arduino. Purtroppo per i rivoltosi la rivolta viene sedata, gli Obertenghi sono pesantemente puniti e ciò certo non reca favore ad Arduino. Comunque quest’ultimo, saputo della partenza dell’imperatore, riesce di nuovo ad ottenere successi militari conquistando Vercelli, Novara e Pavia, ma non è più come una volta, ormai Arduino ha perso consensi e prestigiosi e potenti alleati.

Arriviamo quindi, amici lettori, alla svolta decisiva della vita del re d’Italia; infatti, forse ammalato, Arduino decide di ritirarsi nell’abbazia di Fruttuaria (1014) - senza diventare monaco, è solo in cerca di pace - dove muore il 14 dicembre 1015. Le spoglie di re Arduino riposano nel bel castello di Masino, non lontano da Ivrea, che, naturalmente, invito a visitare.

   

A sinistra, l'abbazia di Fruttuaria (San Benigno Canavese). A destra, il santuario di Belmonte (Valperga, Torino).

Prima di terminare questa breve storia di re Arduino vorrei accennare ad un santuario legato al re: è l’interessante santuario di Belmonte (Valperga). Parrebbe fondato da Arduino, dopo un’apparizione della Madonna che ne chiedeva la fondazione, ma tutto ciò si perde nella leggenda. Appena oltrepassata la porta del santuario mariano, nella navata destra, è ben visibile un ovale, nel quale è raffigurato re Arduino con la Madonna, nel momento dell’apparizione. Esiste anche una raffigurazione dello stesso accadimento nel santuario della Consolata di Torino.

Re Arduino fu l’ultimo re d’Italia del Medioevo; dopo di lui il Regnum Italiae finirà completamente sotto l’influenza dell’impero tedesco per lungo tempo, bisognerà aspettare il 1861 per poter riparlare di regno d’Italia, beninteso con un’accezione più ampia, che comprenderà l’intera penisola italiana; infatti non si può parlare assolutamente di unità d’Italia ai tempi di Arduino, anche se il riproporre le idee e le gesta del re può aver aiutato certi animi del periodo risorgimentale. Quindi resti comunque viva nel ricordo la figura di re Arduino, con il suo coraggio, la sua tenacia, i suoi errori, le sue debolezze… da valutare nel contesto della sua epoca, A voi, cari lettori, il giudizio sull’”enigma Arduino”.

 

  

©2008 Marco Cortese.

   


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