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Valle dei Greci, Valle d'Ucio
C’è un’area,
da sempre chiamata dai contadini della zona Valle dei Greci – comprendente
le località Monte e Ucio, in territorio di Montalbano Jonico – che in tempi
remoti ha visto il passaggio di popoli e stirpi che hanno fatto la storia antica
della Lucania.
Oggi questo è un
fertile territorio con una florida agricoltura, le cui aziende attuano
prevalentemente colture cerealicole e intensive specializzate accompagnate dalla
pratica della pastorizia. La Valle dei Greci è ubicata a nord-nord/est del
Comune di Montalbano Jonico (MT), confina a nord con l’alveo del fiume Cavone,
a sud con la masseria Sardella, ad est con la masseria Iannuzziello e il fosso
d’Ucio e ad ovest con la sommità del colle Monte (223 mt. s.l.m.).
L’area
è stata spesso interessata da notizie storiche e archeologiche non ufficiali,
rese ancora più importanti dalla scoperta, in questo luogo, delle Tavole
bronzee di Eraclea (IV secolo a.C.), uno dei documenti scritti più rilevanti
del panorama archeologico italiano.
Così
con la spinta di queste notizie ho cercato di capire di che tipo fosse la loro
portata, servendomi soprattutto di ricognizioni superficiali nell’area,
arricchendo la ricerca con fonti orali. Il risultato dei colloqui avuti con gli
attuali proprietari dei terreni di Ucio è stato di fondamentale aiuto [1].
In
particolare il sig. M. Sardella ha raccontato come in periodi diversi del
Novecento siano avvenuti numerosi ritrovamenti archeologici, soprattutto ad
opera di contadini ignari del valore scientifico, storico e culturale che i
medesimi reperti racchiudevano, e che le autorità competenti non avevano mai
preso in esame ai fini di uno studio tecnico. Tra l’altro si trattava di
materiale di cui, allo stato attuale, si è persa ogni traccia!
Una
prima importante informazione ha riguardato il recupero presso il fosso S.Vito
(affluente del fosso d’Ucio), di due pietre recanti, entrambe, la lettera omega
incisa, il cui presumibile significato era quello di “limite”, probabilmente
in riferimento ad un termine di confine: si tratta forse di un primo chiaro
indizio di una presenza greca.
Inoltre
lungo la valle del fosso d’Ucio non sono mancati rinvenimenti di manufatti, ad
una trascurabile profondità dalla superficie, riconducibili a forme
rettangolari e circolari, in uso ancora oggi, di reimpiego, nelle campagne, come
abbeveratoi per animali e mortai.
I
ritrovamenti sono proseguiti regolarmente nel tempo, ma mai denunciati dai
fortuiti scopritori se non in qualche caso: la conseguenza è che di questi
oggetti, come già detto, si è perso ogni indizio.
A
contribuire in maniera determinante alla dispersione in superficie dei reperti
è stato l’uso dei pesanti mezzi agricoli, necessario alla intensa
trasformazione agraria del territorio in epoca contemporanea; si ha notizia tra
l’altro che tra gli oggetti presenti numerose erano le anforette dipinte,
sebbene non si sappia di che tipo e di che genere, ma testimonianti
frequentazione antica: erano pertinenti ad una necropoli, ad un abitato o
semplicemente a fattorie? è
verosimile riferirle all’età antica e/o al medioevo?
Non
è tutto. Sempre a valle, un piccolo scheletro era stato trovato in un vaso: si
trattava evidentemente di una sepoltura ad enchytrismòs,
tipicamente greca e da datare, secondo la classificazione del Carter, tra il 575
e il 525 a.C.
[2].
Altre sepolture furono trovate dai contadini nelle vicinanze del fosso d’Ucio,
mentre in prossimità di una zona franata di Cozzo Cavallo [3],
circa trent’anni fa, vennero fuori scheletri interi, raccolti e poi buttati
via dagli ignari scopritori.
Tra le tombe ritrovate presso le colline di Ucio, più di cinquant’anni fa,
una conservava tre corpi: tra i contadini locali si tramanda questo
evento, quasi una leggenda locale, per il fatto che furono identificati come
quelli di un uomo, di una donna e di un bambino: una famiglia?
L’area
è favorevole a questo tipo di ritrovamenti: è ricca d’acqua, è nei pressi
di un fiume, è fertile, è adatta al pascolo ed è nelle vicinanze di quello
che pare essere il confine antico tra il territorio di Metaponto e quello di
Siris-Eraclea.
Oggi
in queste contrade – Ucio e Monte - l’acqua
scorre nei cosiddetti fossi e nei ruscelli sparsi un po’ dappertutto, tanto
che affiora in più punti in superficie, persino lungo i tratturi: a conferma
dell’abbondanza d’acqua nella zona va sottolineata inoltre la presenza dei
ruderi di un mulino al di là delle alture d’Ucio, nei pressi della sorgente
del fosso che per tal motivo è detto del Molino Nuovo.
Cozzo
Cavallo
Un luogo della Valle dei Greci che conserva molte
tracce archeologiche è l’area di Cozzo Cavallo in località Monte, altura di
natura argillosa a circa 220 mt. s.l.m. che si affaccia sulla valle d’Ucio,
ricoperta in più punti da arbusti di macchia mediterranea.
Essa
è costituita da un picco rivestito completamente di lentisco e rovi, che si
affaccia sulla piana del fosso d’Ucio, e da un pianoro più interno, dal quale
è possibile avere un'ottima visuale delle vallate circostanti.
Cozzo Cavallo, pianoro
Il
pianoro
L’area
a nord del picco, il pianoro, ha una superficie di circa 5 ettari (sebbene buona
parte è franata), sul cui terreno, arato e messo a coltura seminativa,
affiorano numerosi frammenti ceramici e ciottoli di fiume.
Sono costituiti, per lo più, da pezzi di tegole e coppi, frammenti piuttosto
“rozzi” di pareti, orli e anse di recipienti di grandi e piccole dimensioni.
A
giudicare dal colore su entrambi i lati e dal tipo di curvatura dei cocci, nonché
dagli orli, la quantità di forme sia di tipo aperto sia di tipo chiuso è
pressoché uniforme; nello specifico, tra quelle chiuse non mancano le forme
globulari. Lo spessore dei frammenti è tra i 10 e i 20 mm.
In
qualche caso le impronte presenti sui cocci sembrano essere quelle tipiche
dell’uso del tornio. Il colore dell’impasto è arancio-rossiccio.
Queste
evidenze permettono di ipotizzare una frequentazione umana sull’altura e, a
giudicare dal tipo di ceramica, di origine medievale: sicuramente la tipologia
non è greca [4]
né romana [5],
ma può avvicinarsi molto a quella medievale dell’Italia meridionale [6].
Non
resta da chiedersi quale sia il collegamento tra questi frammenti e il pianoro.
Le tegole e i ciottoli lasciano credere a costruzioni abitative. Che si tratti
di un borgo altomedievale? O di un piccolo insediamento rurale? O semplicemente
di case di campagna? Qualora il pianoro abbia ospitato un insediamento questo
sarebbe stato giustificato dalla sua posizione geografica, poiché collocato su
un’altura protetta, posta a circa 220 mt. s.l.m. a controllo delle vallate e
delle colline circostanti e nei pressi dei corsi d’acqua interni e del Cavone,
il fiume più importante della zona.
Al
riguardo non si possono nemmeno dimenticare i percorsi della transumanza
(pratica effettuata da sempre nella Valle dei Greci) che ancora oggi
confluiscono in quest’area e che in età antica e medievale avrebbero svolto
anche il ruolo importante di vie di comunicazione [7].
Picco di Cozzo Cavallo
Il picco
La
parte del pendio del pianoro rivolto a nord è attualmente coltivata con
frutteti e grano, mentre quella a sud, ai cui piedi scorre il fosso del Molino
Nuovo, è disseminata di grossi blocchi di conglomerati, per cui è difficile in
questi punti fare una buona ricognizione superficiale.
Tuttavia
è sul picco - rivolto ad est, verso il mare – dove si sono avute le più
importanti novità: incustodite e sconosciute alle autorità competenti numerose
lastre tombali, quasi interamente distrutte e coperte dalla macchia
mediterranea, hanno chiaramente svelato la presenza di una necropoli. Qui le
tombe probabilmente superano abbondantemente la quindicina, sempre che, ancora
sepolte, non ce ne siano altre.
Molte
sepolture, devastate dall’azione dei tombaroli, sono poi cadute giù dal
“cozzo” per cause antropiche o naturali, come già detto per
gli scheletri.
Si
tratta di tombe a fossa terragna, probabilmente con cassa lignea (oggi
scomparsa), sormontate da lastre irregolari di pietra arenaria, molto diffusa
sui colli ionici lucani.
Purtroppo, completamente sconvolte e manomesse oltre che interamente ricoperte dalla macchia mediterranea, sono state difficili da identificare. Ciononostante, grazie all’indicazione di contadini e pastori, che ancora fanciulli assistettero all’azione di alcuni tombaroli è stato possibile conoscere il luogo esatto, la natura e dedurre l’origine delle sepolture. Si tratta di tombe molto povere, prive di qualsiasi corredo, tranne una in cui è stato trovato un anello ad un dito, peraltro molto semplice.
A sinistra, Cozzo Cavallo, necropoli: elementi di copertura delle tombe. A destra: fossa ed elementi di copertura di una tomba.
Il
motivo per cui il cimitero fu posto in alto e in direzione del mare - non molto
distante - fu dovuto, probabilmente a motivi igienici: la brezza marina rende
ventilato questo punto, riportando aria “pulita”.
Tuttavia un’informazione fornitami dal medesimo proprietario dei terreni a valle potrebbe spiegare la presenza della necropoli: egli disse che il casolare da lui adibito a deposito, ai piedi dell’altura di Cozzo Cavallo, molti decenni fa, prima che il padre acquistasse quei terreni, era una chiesa.
Per
concludere, escludendo che si tratti di tombe greche, lucane o romane -
soprattutto per la tipologia e la mancanza di corredo
[8]
- ci sarebbero una serie di fattori per considerarle medievali:
1-
i frammenti ceramici trovati sul pianoro del Cozzo;
2-
la chiesa esistente (ormai da molti decenni solo un deposito) ai
piedi del medesimo Cozzo;
3-
il tipo di tombe, prive di corredo e con coperture molto semplici
in lastroni irregolari di pietra arenaria;
4-
il materiale di copertura prelevato nelle immediate vicinanze,
come invece non accadeva con i Greci dell’età classica.
Non
resta che determinare l’età precisa di questa presenza umana, che, come
sembra, nell’area è esistita per lo meno dall’età antica [9].
Nello
specifico la datazione potrebbe essere posta nell’età greca bizantina.
Questa collocazione cronologica mi sembra opportuna per tre motivi: assodato che i resti archeologici sono medievali, il “romantico” nome di Valle dei Greci forse non è un caso; le due lettere (omega) incise su pietra ritrovate nelle immediate vicinanze di questo sito sono greche; la toponomastica di molti luoghi prossimi al nostro hanno una chiara origine greco-bizantina, come S. Teodoro, S. Nicola, Acenapura, Andriace, S. Basilio.
NOTE
1 Colloqui amichevoli e cordiali con il sig. Mario Sardella e con il dr. Antonio Agneta.
2 J. C. Carter, The Chora of Metaponto. The Necropolis I-II, Austin 1998.
3 Il “cozzo”, presso i dialetti locali, indica un’altura. In questo caso è un’altura che si affaccia sul fosso del Molino Nuovo, affluente di sinistra del fosso d’Ucio.
4 G. PUGLIESE-CARRATELLI, Magna Grecia. Arte e artigianato, Milano 1990.
5 Atlante delle forme ceramiche I e II. Ceramica fine romana nel bacino mediterraneo, EAA, Supplemento, Roma 1981-1985.
6 M. R. SALVATORE, La ceramica altomedievale nell’Italia meridionale, in ArchMed IX, 1982, pp. 47-66.
7 L. QUILICI, Siris-Heraklea, in Forma Italia, Regio III, I, Roma 1967, pp. 215-216.
8 A. BOTTINI, Armi. Gli strumenti della guerra in Lucania, Bari 1993; DE JULIIS, Metaponto, Bari 2001, pp. 120-121.
©2006 Domenico Asprella.