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«Ci
siamo persi il XIII secolo»,
continua a ripetere dispiaciuto l'analista capo di Zero, il supercomputer che
raccoglie e tramanda la memoria completa della storia umana. «Fortunatamente,
si consola, è una perdita limitata. Pensate, se avessimo perduto il XX secolo,
con tutte quelle guerre, personaggi eccetera. In fondo, che cosa c'era nel XIII
secolo? Dante, qualche papa corrotto e, per il resto, solo una grande confusione».
In questa scena minore, e forse dimenticata dai più, di Rollerball, il crudo film di fantascienza di Norman Jewison, si rappresenta una situazione tipica della conoscenza diffusa del medioevo: un periodo lontano, dal quale emergono alcune figure eroiche e fondative (Dante, in questo caso, ma si potrebbero aggiungere Carlomagno, Barbarossa o Chaucer), alcuni errori tenaci quanto immotivati (i due Innocenzo - III e IV, papi esemplari di quel secolo - possono essere accusati di tutto, fuorché di corruzione), e, finalmente: il gran guazzabuglio di feudatari, castelli, congiure, guerre e matrimoni, crociate, monaci e santi.
Una situazione disperante, per uno storico: ma anche un'occasione straordinaria per esaminare i rapporti fra storiografia e conoscenze diffuse. Fra scienza e "senso comune storico", come si disse in un dibattito su "Quaderni storici" del principio degli anni '80, più che fra scienza e "uso pubblico della storia", categoria importante, ma più limitata di quella ideata da Grendi, quasi un quarto di secolo fa. Infatti, le caratteristiche fondamentali degli stereotipi e delle false immagini medievali, attualmente circolanti, sono due: da una parte c'è la loro grandissima diffusione, la loro pervasività; dall'altra, il fatto che sono, per la maggior parte, di origine accademica.
Non sono prodotti spontanei di una società ignorante. Al contrario, furono, in tempi passati, elaborati nel cuore stesso dell'accademia, e da quella fonte hanno penetrato gli aspetti più nascosti e insospettati della società. Si sono radicati a fondo: come, ad esempio, l'idea del "medioevo buio". Sono, dunque, testimonianza esaltante ed ambigua al tempo stesso: sia del successo della comunicazione storica, sia della sua disfatta. Proprio per questo, tali stereotipi dovrebbero essere studiati non tanto con il cipiglio severo del maestro che bacchetta giornali, documentari televisivi e film e manuali, e si scandalizza per l'ignoranza delle folle (maleducate, ma questo è un altro stereotipo, dalla televisione e dalla scuola che non funziona); quanto piuttosto con la serietà e la pazienza del ricercatore, che intuisce, sotto la pelle del fenomeno di massa, crisi o malfunzionamenti profondi del rapporto fra la comunità degli storici e la società, fra l'università e la scuola, quando non scorge problemi irrisolti all'interno dello stesso ambito accademico.
Una testimonianza della presa, anche su un pubblico più vasto, che queste problematiche hanno, è data dal successo di un convegno organizzato congiuntamente dal Dipartimento di Paleografia e Medievistica dell'Università di Bologna e da Flavia Marostica, insegnante e ricercatrice di Didattica della storia dell'IRRE Emilia Romagna. Un successo tale, che il convegno è stato replicato, a causa dell'eccessivo numero di iscritti (ottobre 2001 e marzo 2002). Titolo del Convegno: Medioevo e luoghi comuni.
Nella sua apertura, Massimo Montanari va direttamente al cuore del problema: gli stereotipi e le false immagini sono strettamente connesse all'idea stessa di Medioevo (che come si sa bene fu elaborata in ambito umanistico). Sono "veri" al punto tale che la coerenza storiografica dovrebbe imporre una soluzione paradossale. "Eliminare il Medioevo dal nostro vocabolario sarebbe una soluzione radicale e forse traumatica - conclude Montanari - ma personalmente la riterrei una conquista intellettuale".
Lo storico sottolinea che è sbagliata l'idea stessa che esista "un periodo intermedio" e, conseguentemente, mobile, fluttuante, incerto, "confuso" (ma a questo punto dovremmo riconoscere a Jewison una capacità di sintesi mirabile). Infatti, nella storia non possiamo distinguere periodi di movimento e di trasformazione, da periodi di immobilità. Questa, lo sappiamo bene, è la prima conseguenza del carattere processuale della storia. Furono gli umanisti, che, pensandosi come "classici e perfetti", definirono per contrasto il periodo precedente come "di passaggio" e, per giunta, "gotico".
Si produsse, dunque, cinque secoli fa, un trauma nella percezione del passato. E questo trauma è stato metabolizzato dalla cultura occidentale. Ne fa parte con tutti i suoi errori (siamo tutti debitori della lezione di Ovidio Capitani, su questo punto). E, dal punto di vista squisitamente didattico, questo "medioevo traumatico" crea una questione paradossale e difficilissima: come si può insegnare un periodo storico che convive con la sua falsa immagine, così inestricabilmente, che il falso si sovrappone al vero, e attiva un gioco di specchi e di rimandi, che forse è impossibile (o delittuoso) sciogliere?
L'esempio più evidente, per quanto sicuramente paradossale, di questo intreccio, è dato dal fatto che, per quanto riguarda il medioevo, le stesse contromisure critiche si sono col tempo stereotipate. In altre parole, degli "stereotipi-vaccino" si frappongono, come un filtro potente, fra corpo docente e ricerca attuale. I principali sono due: il fatto che "il medioevo non è un periodo buio", e il fatto che "il medioevo non è il periodo dei papi e degli imperatori". Da tempo immemorabile gli insegnanti sanno che "i secoli bui" sono un vecchio stereotipo da evitare, quando si spiega il medioevo. E, da almeno trent'anni, sanno che il medioevo "di papi e imperatori" è un altro stereotipo, che magari ha afflitto il loro studio in gioventù, e che, perciò, è bene sostituire con un più vivace e realistico "medioevo dal basso", nel quale Bodo il contadino, le nuove tecniche agrarie, la vita quotidiana, le streghe, e le mentalità costituiscono una sorta di bazar delle meraviglie, luogo ideale di fascinazione per il giovane studente.
A suo tempo, indubbiamente, queste idee sul medioevo rappresentarono un momento di dibattito e un desiderio di innovazione. Ma, ripetute e praticate per così tanti anni, si sono sclerotizzate. Sono diventate a loro volta degli stereotipi di un tipo particolare. Infatti, poiché si presentano incessantemente come "novità", questi speciali luoghi comuni conferiscono all'insegnante che li professa la sicurezza di essere al corrente della più recente produzione storica, e lo convincono dell'inutilità dell'aggiornamento. Sono "novità devitalizzate", che producono l'identico effetto di un vaccino, dal momento che proteggono accuratamente la scuola dalla rilevante quantità di nuove conoscenze, che, negli ultimi trenta-quaranta anni la medievistica ha elaborato.
La
massa di questi conoscenze "consegnate alla manualistica" è
impressionante e giustifica la compilazione di un prontuario che metta
sull'avviso il docente. Quello che segue tratto da un reading (Storia
medievale, a cura di G. Sergi, Donzelli editore, Roma 1999), un'opera
fondamentale per i nostri scopi, dal momento che la sua caratteristica
principale consiste proprio nel tentativo di operare una revisione delle
conoscenze diffuse: di far reagire, insomma, la storiografia non solo rispetto
al suo dibattito interno, ma anche rispetto alle idee circolanti.
Una straordinaria quantità di conoscenze da revisionare, che costringe il
docente a muoversi con circospezione quasi ad ogni pagina, ad ogni paragrafo.
Tuttavia, non si tratta dell'unico problema, nel campo della revisione cognitiva
di questo periodo.
è la vulgata stessa, cioè la trama di fondo del racconto del medioevo, ad essere mutata. Proviamo a sintetizzare il copione-base della storia manualistica.
Si parte con Carlo Magno, che fonda il suo impero e dà un volto preciso alla nuova realtà, l'Europa feudale: uno spazio ben organizzato, con un centro-vertice (l'imperatore e la sua capitale) ed una periferia controllata attraverso una catena di comando discendente (la piramide feudale). Questa struttura ha due nemici: un concorrente pericoloso (il papa, che lotta con l'imperatore per il dominio di questa piramide) e un avversario indomabile (i feudatari che ostinatamente vogliono distruggere la piramide). Questi tre protagonisti generano una storia, fatta di dinastie che si succedono (carolingi, ottoni, franconi, svevi), in un continuum intervallato da periodi di "anarchia feudale". Dopo ogni periodo di anarchia, l'impero si ricostituisce, su basi sempre più ristrette e asfittiche. Fino a che, i nuovi protagonisti (i comuni e la borghesia) mettono fine a questa lotta fra universalismo e particolarismo, definita "tipicamente medievale", e pongono le basi di una nuova società, che attraverso le fasi politiche della signoria e del principato, porta allo stato moderno.
Ora, questo copione-base andrebbe sostituito con un altro, che invece parte con un territorio europeo punteggiato da miriadi di signorie (e principi di potere affini), che pian piano si ingrandiscono, si consolidano e si legittimano e trova una svolta fondamentale a metà del XII secolo, quando si instaurano le prime organizzazione efficaci, di governo centrale. E' da allora che imperatori, papi, re e città lottano fra di loro - in perfetta concorrenza - per affermare il loro dominio sul territorio. Lo stato moderno è figlio di questa concorrenza. Non nasce dunque sulle ceneri del feudalesimo, perché si forma insieme a questo: la piramide perfetta, infatti, è quella che è sotto gli occhi degli illuministi, in pieno Settecento.
Sono dunque due processi generali completamente diversi: e obbligano, secondo me, non soltanto a rivedere questa o quella conoscenza, ma a riformulare interamente il racconto. A mutare gerarchie di fatti e problemi (sono ancora fondamentali i capitolari di Quierzy o la Constitutio de Feudis? O dobbiamo sostituirli con altri eventi?), a riformulare giudizi (su imperatori, papi, movimenti religiosi ecc.). E ciò non più in nome di una storia di fatti, da interpretare ideologicamente (a seconda della propria propensione politica), ma in nome di una storia che ha cambiato, letteralmente, volto.
Ma tutto ciò, non può essere lasciato alla cura di insegnanti, per quanto preparati e attenti. Il disegno storico di base, di un medioevo finalmente aggiornato, non può che provenire dal confronto fra storici.
Progetto di un prontuario degli stereotipi e dei luoghi comuni sul medioevo
|
Argomenti
|
a.
Stereotipi della vulgata attuale |
b.
Messa a punto della storiografia |
1. |
I
barbari |
1.
Invadono l'impero e lo distruggono. |
Quando
penetrano nell'impero sono già abbondantemente latinizzati. |
2. |
I
barbari |
L'organizzazione
sociale dei popoli germanici è fondata su sostanziale egualitarismo. Le
diverse popolazioni germaniche erano, infatti, abituate a spartirsi il
bottino, ma nel contatto con il mondo romano, hanno cominciato a perdere
questa loro caratteristica. |
Si
tratta di postulati del tutto indimostrabili. |
3. |
Il
feudalesimo |
Il
feudalesimo è stato abbattuto dalla rivoluzione francese che ha
dissolto ogni "residuo medievale". |
Il
feudalesimo abbattuto dalla rivoluzione francese (la celebre
"piramide feudale") non era quello tipico del medioevo
(caratterizzato piuttosto da una struttura a "rete"), ma era
un feudalesimo nato da sviluppi ulteriori legati alla nuova Europa degli
Stati nazionali. |
4. |
La
curtis |
Azienda
agricola autarchica. Economia povera e stentata, non produce abbastanza
per mettere in modo il commercio |
Questa
è un'immagine tipica dell'800. La curtis produce alimenti a
sufficienza. La moneta esiste e circola. |
5. |
Servi
della gleba |
Sono
l'emblema della condizione servile del lavoro agricolo Vi sono rare
attestazioni di adscripti glebae. Si tratta di una cattiva lettura di
Marc Bloch. |
I
contadini erano liberi, servi o schiavi: ma non legati alla terra. |
6. |
Papato |
Dopo
Costantino, la chiesa è un potere unico, esteso in tutta Europa. Le
eresie rappresentano una rottura di questa unità. Attentano all'unità
ecclesiale anche l'anarchia feudale e i processi di autonomia. I papi
dell'XI secolo, a partire da Gregorio, lottano per ripristinare l'unità
originaria |
Solo
dopo il XII secolo il papato si presenta come un potere monarchico. Fino
ad allora, i vescovi erano sovrani nelle loro sedi. |
7. |
Riforme |
Il
matrimonio dei preti, la vendita delle cariche, le chiese dei laici sono
degenerazioni che i papi riformatori tentano di combattere. |
Costituivano
aspetti normali della vita religiosa e sociale del tempo. Vengono messi
sotto accusa da Gregorio VII, nel contesto della sua riforma
accentratrice. |
8. |
Concordato
di Worms |
Segna
la vittoria del potere papale (o di quello temporale) a seconda delle
interpretazioni |
Vi
si stabiliscono forme di gradimento reciproco. |
9. |
Vescovi
conti |
Ottone
I li istituisce, per impedire che nei feudi si affermi il principio
ereditario. |
Esistevano
ovunque vescovi con poteri civili.Gli Ottoni ottengono l'alleanza di
quelli più potenti. |
10. |
Opulenza
dei monasteri |
La
ricchezza è un'aspetto della degenerazione della vita monastica -
originariamente costruita intorno al precetto della preghiera e del
lavoro - contro la quale insorge la riforma. |
Erano
segno di superiore disciplina spirituale. I benedettini non amavano il
lavoro manuale. |
11. |
Comuni |
Sono
gli antagonisti principali dei poteri feudali. In essi si sviluppa la
classe borghese. Impongono a Federico I Barbarossa il rispetto delle
libertà comunali; rappresentano gli esordi di una italianità (o
un'identità lombarda), nei confronti del nemico straniero e
centralizzatore. |
L'età
comunale non rappresenta un superamento dell'età feudale. I comuni sono
immersi in una rete di rapporti feudali e signorili. La lotta contro
Federico I non ha nulla di nazionale, borghese o lombardo. La pace di
Costanza è un momento di tarda feudalizzazione. |
12. |
La
libertà comunale |
L'aria
della città rende liberi. |
Usano
strumenti non nuovi di assoggettamento delle campagne. Molto raramente i
contadini accolgono come "liberatori" i nuovi dominatori
comunali |
13. |
Podestà
|
Erano
un potere neutrale, esterno alle rissose famiglie cittadine |
Non
si ricorreva al podestà tanto per la sua neutralità, quanto per la sua
esperienza in diritto e nell'arte del governo. |
14. |
Germani |
I
"popoli germanici". Il concetto di nazione è frutto
dell'elemento germanico |
Un
popolo che si chiamava "germani" forse non è mai esistito. I
goti non sono germani. Non avevano la sensazione di far parte di un
popolo. |
15. |
Alimentazione
altomedievale |
La
povera e disperata agricoltura altomedievale. |
Mangiavano
più carne che vegetali e, probabilmente, avevano più problemi di
colesterolo che di fame. |
16. |
La
rivoluzione dell'anno mille |
Nuovi
strumenti, aumento di produzione, aumento di popolazione ecc. |
Non
è vero che le innovazioni abbiano avuto l'effetto di produrre una sorta
di rivoluzione medievale dei rendimenti agricoli. |
17. |
Regni
medievali |
Al
termine del periodo di anarchia feudale, si riprendono gli antichi regni
|
Non
di ricostruzione di ordinamenti pubblici si trattò, ma di vera e
propria costruzione di quadri politici fondati su una concezione del
potere monarchico sostanzialmente diversa da quella dei cosiddetti regni
romano-germanici e da quella dell'impero carolingio. |
18. |
Il
sacro romano impero |
Così
si chiama il regno di Carlo Magno, per distinguerlo dall'impero romano. |
A
partire dal 1158 cominciò ad essere adoperato il termine Sacrum
Imperium. Dunque, il Sacro Romano Impero fu opera di Federico I
Barbarossa. |
19 |
Modelli
di organizzazione famigliare |
L'origine
del modello di famiglia allargata e patriarcale, opposta a quella
nucleare odierna, è individuabile nel medioevo. |
Nel
medioevo prevaleva la famiglia nucleare, o coniugale, molto più simile
a quella di oggi. |
20. |
Frazionamento |
Nel
frazionamento politico-territoriale del medioevo è rintracciabile
l'origine delle civiltà nazionali. |
Immagine
elaborata nell'Ottocento. |
21. |
I
franchi |
L'invasione
"francese" (non definita germanica) del suolo italico porta
alla sconfitta dei longobardi. |
In
realtà il suolo italico è teatro di un grande conflitto intergermanico
in cui prevale il popolo più incline alle integrazioni etniche, pur
presentando molteplici aspetti di primitivismo,(lex Salica), rispetto ai
longobardi più evoluti. |
22. |
I
vincoli feudali |
I vincoli feudali sono l'esito dello
smembramento del patrimonio statale e del potere pubblico a favore di
un'aristocrazia militare e fondiaria. |
I
poteri signorili si sono formati più o meno spontaneamente dal basso e
non delegati feudalmente dall'alto. |
23. |
Medioevo
"europeo" o medioevo "nazionale" |
Nel
medioevo è rintracciabile quel "mosaico etnico preesistente"
rispetto all'età moderna. L'origine etnica delle nazioni è
rintracciabile proprio nel medioevo. (Anthony Smith). |
Non
si può parlare di medioevo "nazionale" sia perché era molto
frazionato, sia perché non c'è nulla di vocazionale nelle linee di
ricomposizione che affiorano nei secoli finali. |
24. |
La
fine del mondo antico |
Il
476 contrassegna l'inizio del Medioevo caratterizzato dal tracollo
imperiale di Roma e dal conseguente decomporsi di un'intera civiltà:
quella del mondo antico. |
Un'immagine
così drammatica appartiene soltanto al mondo occidentale. Vista da
Oriente, la caduta dell'Impero d'Occidente, appare piuttosto come una
mutazione. Per un altro millennio i sudditi dell'Impero Bizantino
avrebbero continuato a definirsi "romani". |
25. |
Il
ruolo delle clientele nei popoli germanici. |
Il
guerriero che giurava fedeltà al capo doveva poi seguirlo per tutta la
vita. |
I
guerrieri spesso cambiavano signore secondo le opportunità che venivano
loro offerte e le prospettive di successo. |
26. |
Il
ruolo del re nei popoli germanici. |
A
differenza dell'impero, i popoli germanici erano governati da
"re". |
Ciò
che le nostre fonti definiscono "re" non è un'istituzione
fissa ma una designazione data dai romani a vari fenomeni: capi di
gruppi locali o di piccole tribù, comandanti di eserciti piccoli o
grandi, sovrani di grandi imperi di steppa come Attila, o reggenti di
regni potenti sul suolo romano come Teodorico o Clodoveo. |
27. |
Paganesimo,
magie e superstizioni |
Ogni
credenza, rito o pratica delle religioni politeistiche. Religione
connessa con pratiche umane volte a controllare la natura: la magia,
l'astrologia, l'uso di amuleti e così via. |
Nella
recente letteratura si tende a ridimensionare l'entità e la presenza
del paganesimo come coerente sistema religioso, e a ridiscutere di
conseguenza il carattere di radicale azzeramento delle credenze
precedenti attribuito di solito all'azione di evangelizzazione, e alle
missioni monastiche in particolare. |
28. |
Cristianesimo
|
Il
cristianesimo si diffuse in maniera sempre più decisa a partire dal IV
secolo, quando divenne religione ufficiale dello Stato. Tale processo
portò all'omogenizzazione della cultura e delle pratiche religiose
dell'Europa occidentale. |
Risulta
inadeguata l'idea dell'avanzata del cristianesimo come un processo senza
ostacoli e contrasti. |
29. |
La
fine dell'età carolingia |
Segna
il crollo dell'unità imperiale e l'indebolimento dell'autorità
politica e la fine della concezione pubblica di quest'ultima. |
Il
frazionamento dell'unità carolingia non determinò la fine della
concezione pubblica dell'autorità politica, ma l'avvio e
l'accelerazione di processi più complessi. Si ebbe la formazione di
nuove realtà politico territoriali come da una parte le
"signorie", e dall'altra l'individuazione di due aree
geografiche e culturali: quella francese e quella germanica. |
30. |
La
crisi economica al crollo dell'Impero d'Occidente. |
Questo
periodo vide una catastrofe economica generalizzata contrassegnata da
una notevole contrazione degli scambi e dell'attività produttiva. |
Non
possiamo parlare i catastrofe economica generalizzata. La schiacciante
maggioranza della popolazione, fatta di contadini, non avvertì i
cambiamenti macro-economici e continuarono a vivere in un mondo tutto
sommato immutato. |
31. |
La
curtis |
Il
modello curtense costituisce il sistema agrario medievale per
eccellenza. |
R.
Latouche e A. Verhulst (tra 1950-70) hanno dimostrato che il modello
curtense ebbe nei fatti una diffusione assai limitata nello spazio e nel
tempo, concentrata sostanzialmente in Gallia, in Inghilterra e
nell'Italia del Nord solo dopo la metà dell'VIII secolo. |
32. |
La
schiavitù |
Con
la caduta dell'Impero d'Occidente, e la diffusione del Cristianesimo, ha
fine il modo di produzione basato sul lavoro degli schiavi. |
Nel
tardo impero e all'inizio dell'età medievale c'erano ancora molti
schiavi, nel senso di uomini e donne senza diritti legali. Per quanto
riguarda l'impero romano, poi, bisogna tenre presente che il sistema di
produzione basato sul lavoro degli schiavi fu diffuso solo nell'Italia
centrale. |
33. |
Il
commercio nel 700 |
Con
l'espansione del mondo arabo il commercio subisce una brusca
interruzione. |
Il
commercio dei beni di lusso continuò senza interruzione grazie alla
vocazione commerciale degli arabi. Il commercio dei generi di consumo di
medio livello era già in declino nel V e VI secolo. |
34. |
L'immagine
degli arabi |
Le
rapidissime e fortunate campagne militari costituirono la ragione
fondamentale dell'ampliamento del mondo islamico. |
Lo
sviluppo era legato all'esistenza di una complessa società stratificata
al cui interno funzionari civili e giuristi, mercanti e dotti avevano un
ruolo di rilievo. Il commercio rivestiva un ruolo di importanza
maggiore, per il consolidamento dell'Impero, dello stesso espansionismo
armato. |
35. |
La
piramide feudale |
I
rapporti sociali presenti nel Medioevo possono essere rappresentati
attraverso una "piramide" di subordinazioni feudali che dal
piccolo signore saliva, passando per vassalli di livello crescente, fino
al re. |
I
domini signorili non scaturivano da concessioni "feudali"
compiuti dal re e dagli ufficiali pubblici, ma erano il prodotto di una
evoluzione spontanea. Per questo l'immagine della "piramide
feudale" si può applicare semmai ai secoli XII e XIII: ma non al
periodo carolingio o a quelli immediatamente successivi. |
36. |
Età
signorile-feudale |
Nella
prima parte del medioevo si forma il sistema feudale; a questo succedono
le signorie. |
L'incontro
tra signoria e feudalesimo ha luogo solo a partire dall'XII secolo.
Potremo parlare quindi per il periodo compreso tra X-XII di "età
signorile"perché caratterizzato dalla signoria e non dal
feudalesimo. |
37. |
Età
buia |
Medioevo
come periodo caratterizzato da guerre, fame e carestie. |
Ciò
si può dire solo dei secoli XIV e XV, i due secoli finali del medioevo,
che tuttavia hanno determinato l'immagine che del medioevo si è
successivamente consolidata. Le carestie fecero immaginare un medioevo
molto più affamato di quanto non fu in realtà. |
38. |
Il
monachesimo |
I
monaci benedettini si rifacevano al principio dell' "ora et labora".
Ovvero credevano nella funzione purificatrice dell'attività manuale. |
Non
amavano il lavoro se non come condizione indispensabile per consentire
la preghiera, non credevano a una funzione purificatrice dell'attività
manuale. |
39. |
Il
VII secolo |
Secolo
di morte, in cui un'Europa cristiana indebolita è soggetta agli
attacchi di nuovi nemici, gli Arabi. |
|
40. |
Oscurantismo
medievale |
Ignoranza,
superstizione, oscurantismo, arroganza del potere ecclesiastico appaiono
i tratti dominanti di una realtà medievale poi rinnovata dalla riforma
di Lutero. |
I
polemisti luterani tracciarono, nel XVI secolo, un disegno della storia
europea recente centrata sulla questione religiosa, ossia sulla
decadenza dell'originaria spiritualità cristiana causata dal papato
romano. In tal modo si precisò un'immagine di Medioevo da condannare in
blocco e si affermò l'idea di una pressoché totale coincidenza fra il
concetto di Medioevo e la storia del cattolicesimo romano. |
Bibliografia
Questo
"prontuario" è stato pubblicato in una forma più ridotta in A.
Brusa, Guida a Il nuovo racconto delle grandi trasformazioni, vol.
I, PBM editori, Milano 2004, nel quale cerco di proporre un modello diverso di
vulgata. E' stato, poi, ripreso da Valentina Sepe, nell'ambito del suo dottorato
di ricerca, presso Didattica della Storia, con una ricerca che comprende non
solo i manuali, ma anche la comunicazione attraverso il Web. Questa nuova
versione del "prontuario" è debitrice di questi lavori, e va
considerata, perciò come provvisoria.
Nel volume Medioevo e luoghi comuni si trovano, oltre all'introduzione di
Montanari, citata nel testo, saggi di M.G. Muzzarelli, G. Albertoni, B.
Andreolli, G.M. Cantarella, T. Lazzari, A.L. Trombetti Budrieri, su diversi
aspetti: la piramide feudale, la vita nei castelli, i barbari, l'anno mille, i
servi della gleba e Federico II.
Massimo Montanari, con Albertoni, Milani e Lazzari, ha pubblicato un manuale per
i tipi Laterza (Bari 2002), Storia medievale, che raccoglie le nuove
interpretazioni in capitoli succinti e precisi, con una bibliografia essenziale,
di facile consultazione.
L'autore al quale si deve l'impulso fondamentale verso questo genere di studi è sicuramente Giuseppe Sergi, la cui battaglia per un medioevo correttamente raccontato ha superato ormai il quarto di secolo. La prefazione al manuale Donzelli, da cui è ricavato il prontuario, è stata pubblicata anche a parte, in un volume intitolato L'idea di Medioevo. Fra luoghi comuni e pratica storica, Donzelli, Roma 1999. Fra gli scritti più “classici” sugli stereotipi medievali di Sergi, segnalo: Feudalesimo senza "sistema", in «Prometeo», n. 43, 10 Settembre 1993, pp.52-61 e Lo sviluppo signorile e l'inquadramento feudale, La storia UTET,Torino 1986, pp. 367. Quest’ultimo saggio, ripubblicato in una iniziativa editoriale di “Repubblica” dà la misura della persistenza degli stereotipi: infatti, è illustrato con una splendida “piramide feudale”, da un redattore per il quale, evidentemente, questa è l’unica immagine possibile del medioevo: La storia, vol. 5, La biblioteca di Repubblica, Gruppo editoriale l’Espresso, Novara 2004, p. 154.
I
saggi del manuale Donzelli citati nel prontuario sono:
G.
Sergi, L'idea di medioevo, pp. 3-42.
A. Schiavone, Il mondo tardoantico, pp. 43-64.
W. Pohl, L'universo barbarico, pp. 65-88.
C. La Rocca, Cristianesimi, pp.
113-139.
P. Guglielmotti, I franchi e l'Europa carolingia, pp. 175-201.
CH. Wickham, L'economia altomedievale, pp. 203-226.
M. Gallina, La formazione del Mediterraneo medievale, pp.
227-246.
S. Carrocci, Signori, castelli, feudi, pp. 247-267.
G. Petralia, Crescita e espansione, pp. 291-318.
P. Corrao, Regni e principati feudali, pp. 319-362.
©2004-2006 Antonio Brusa (dal Cartable de Clio, n. 5/2004; articolo qui ripubblicato con il consenso dell'autore).