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di MARIANO TOMATIS*
La Sindone è un lenzuolo di 4 metri e 36 per 1 metro e 11 che reca impressa un'impronta umana dalla tradizione attribuita a Gesù Cristo. Secondo alcuni il telo avrebbe avvolto il corpo di Gesù dopo la sua morte.
Custodito nel Duomo di Torino dal 1578, si tratta forse dell'oggetto più studiato al mondo da ogni branca possibile del sapere: dalla storia alla chimica, dalla numismatica alla palinologia, dall'archeologia all'informatica.
La datazione al radiocarbonio eseguita sul tessuto in tre laboratori di fama internazionale nel 1988 ha determinato che il lenzuolo risale al XIV secolo e, di conseguenza, non può che essere un artefatto.
Storicamente, nei Vangeli non si fa alcuna menzione di un lenzuolo che avrebbe avvolto il corpo di Cristo ma si parla di "bende" e di un "sudario", piccola tela distinta dalle prime, posto sul volto. Solo un apocrifo, il vangelo degli Ebrei, parla di una sindone, ma il contesto in cui il termine è utilizzato indica chiaramente che l'autore si riferiva con tale termine a una veste sacerdotale.
La Sindone di Torino compare in Europa per la prima volta nel Medioevo, in sintonia con i risultati della radiodatazione, e uno dei primi documenti che ne parla risale al 1389: si tratta di un memoriale del vescovo Pierre d'Arcis al papa Clemente VII in cui si racconta dell'indagine compiuta dal suo predecessore Henri de Poitier. Il vescovo aveva denunciato la pretesa del decano di allora di presentare il telo come il vero Sudario di Cristo per fini di lucro e aveva spiegato come, in seguito a un'indagine, fosse anche stato scoperto il falsario che ammise che il telo «era fatto per opera umana, non miracolosamente prodotto o concesso». Pierre d'Arcis dovette intervenire una seconda volta quando il nuovo decano espose nuovamente il telo «artificiosamente dipinto» (ma si tenga conto che all'epoca dipingere definiva diverse tecniche di riproduzioni: pitture, miniature, mosaici e ricami) con l'immagine di un uomo. In seguito a ciò, papa Clemente VII emanò una bolla nel 1390 in cui ordinava che ogni volta che fosse stato esposto il telo si doveva dire «ad alta voce, per far cessare ogni frode, che la suddetta raffigurazione o rappresentazione non è il vero Sudario del Nostro Signore Gesù Cristo, ma una pittura o tavola fatta a raffigurazione o imitazione del Sudario».
La storia recente ha confermato le condanne dello scettico vescovo e di papa Clemente: i test forensi condotti dalla commissione del cardinal Pellegrino nel 1973 sul presunto sangue hanno dato esiti negativi, mentre il microanalista Walter C. McCrone ha potuto determinare la presenza indubbia sul telo di tracce di ocra, cinabro e di alizarina: in pratica tempera rossa. Quest'ultimo fatto, unito alla natura dell'immagine, una lieve bruciatura delle fibre superficiali del lino, suggerisce un possibile meccanismo per "creare" una sindone con quelle stesse caratteristiche.
è Joe Nickell a proporre una possibile spiegazione delle immagini: esse sarebbero il risultato dello sfregamento di una vernice a secco su un telo adagiato su un bassorilievo le cui fattezze riprodurrebbero il corpo di un cadavere. Le macchie di sangue sarebbero state aggiunte in seguito, forse utilizzando vero sangue, forse tempera. Con il tempo la vernice si sarebbe staccata dal lenzuolo, non prima di aver procurato le lievi impronte nella cellulosa del telo.
Tutte queste scoperte si convalidano a vicenda e confermano la falsità della reliquia.
La presenza di tempera suggerisce che l'immagine è il lavoro di un'artista, fatto che a sua volta è confermato dalle dichiarazioni di Pierre d'Arcis e dalla mancanza di precedenti storici, e la radiodatazione è coerente con la prima apparizione storica del telo.
Lo stesso cardinale Ballestrero, che nel 1988 seguì le prove di radiodatazione, dimostrò di accettare e adeguarsi ai risultati del test: «Penso non sia il caso di mettere in dubbio i risultati. E nemmeno il caso di rivedere le bucce agli scienziati se il loro responso non quadra con le ragioni del cuore».
Accanto al lavoro condotto da scienziati imparziali, tuttavia, esiste l'intensa attività di un gruppo di "sindonologi" decisi, contro ogni evidenza, a dimostrare l'autenticità del telo. Le "scoperte" di costoro, tuttavia, dimostrano più un incrollabile bisogno di credere alle "ragioni del cuore" che alle evidenze sperimentali. Tipico il caso delle impronte di "monetine" di epoca romana che alcuni, come i sindonologi Baima Bollone e Nello Balossino, sostengono di vedere sul lenzuolo e che, a detta di costoro, confermerebbero che il telo risalirebbe veramente al I secolo. Inutile dire che per i sindonologi le conclusioni ottenute con l'analisi al Carbonio-14 sarebbero sbagliate. Al di là del fatto che un falsario del 1300 avrebbe potuto benissimo lasciare delle impronte di monete romane sul telo per renderlo più credibile, la cosa più importante da rilevare è che tali impronte sono frutto dell'interpretazione di chi le vuole vedere, un po' come nel famoso test di Rorschach.
Luigi Gonella, fisico del Politecnico di Torino e consulente scientifico del cardinale Ballestrero, troncò ogni polemica:
«Quella della Sindone è un'immagine il cui dettaglio più piccolo, macchie di sangue escluse, è di mezzo centimetro. Come le labbra. Appare quindi molto, molto incongruente che esistano dei dettagli dell'ordine di decimi di millimetro come le lettere sulle monete. Ma si sa: a forza di ingrandire, si finisce a vedere anche quello che non c'è. Sono soltanto loro, i cosiddetti sindonologi a scagliarsi contro il Carbonio-14. Nel campo scientifico, fisico, chimico, non c'è nessuno che abbia il minimo dubbio. Nemmeno io. Il sudario risale al medioevo».
Bibliografia
I libri scettici in italiano pubblicati ad oggi sulla Sindone si contano sulle dita di una mano:
Vittorio Pesce Delfino, E l'uomo creò la Sindone, Bari 1982 (rist. 2001), Dedalo. Si tratta del saggio scettico contenente il resoconto più "tecnico" di un tentativo di riprodurre la Sindone utilizzando un bassorilievo arroventato.
Carlo Papini, Sindone: Una sfida alla scienza e alla fede, Torino 1998, Claudiana. Copre un po' tutti gli studi sulla sindone, da quelli scientifici a quelli storici, soffermandosi in particolare su questi ultimi. Contiene le migliori critiche alle tesi dei sindonologi.
Pier Angelo Gramaglia, L'Uomo della Sindone non è Gesù Cristo, Torino 1978, Claudiana. è un saggio ormai superato, che sostiene che l'immagine sarebbe l'impronta di un reale cadavere di un uomo crocifisso alla maniera di Cristo, un anonimo palestinese del VII secolo.
Luigi Garlaschelli, Processo alla Sindone, Roma 1998, Avverbi. L'autore propone in un libro formato pocket tutti gli studi effettuati sulla Sindone, mettendone in risalto l'evidente origine medievale.
Antonio Lombatti, Sfida alla Sindone, Pontremoli 2000, Centro Editore. Molto approfondito dal punto di vista storico e archeologico, propone la discussa teoria per cui sarebbero stati i Templari a portare la Sindone in Europa. Lombatti ha inoltre preso l'iniziativa di far nascere una rivista, Approfondimento Sindone, dedicata a studi sul lenzuolo da un punto di vista critico.
Walter McCrone, Judgement Day for the Shroud of Turin. Dà una cronaca dettagliata delle analisi eseguite nel 1978 in cui fu personalmente coinvolto. McCrone ha un sito personale dedicato alla Sindone.
Joe Nickell, Inquest on the Shroud of Turin, Buffalo 1983, Prometheus Book. Di gran lunga il più autorevole studio sulla Sindone fra quelli apparsi fino a oggi, replica alle tesi dei sindonologi e affronta in modo approfondito il problema della natura dell'immagine e del metodo di esecuzione. è uscita recentemente una ristampa.
Per saperne di più
http://www.shroud.com/. è il sito più completo sulla Sindone di Torino. Di impronta autenticista, ospita anche qualche saggio scettico.
http://sindone.torino.chiesacattolica.it/. è il sito ufficiale della Chiesa Cattolica dedicato al lenzuolo.
http://humanist.net/skeptical/shroud.html. è il punto di riferimento per gli studi scettici sulla Sindone.
* Sull'autore: www.marianotomatis.it
©2002 Mariano Tomatis. Questo articolo, qui riprodotto con il consenso dell'autore, è apparso in Guida dei luoghi e oggetti misteriosi del Piemonte, a cura del CICAP gruppo Piemonte.