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di FABIO FIGARA
Statua lignea di San Guglielmo che uccide il drago (chiesa di Sant’Andrea Apostolo a Tirli, provincia di Grosseto).
Nella Toscana meridionale i due rami principali di eremiti, e gli unici anche a dimostrare una certa singolarità architettonica, erano indubbiamente gli agostiniani e i guglielmiti, quest'ultimi osservanti lo stile di vita di San Guglielmo di Malavalle.
L'origine di Guglielmo di Malavalle è ancora incerta, anche se la maggior parte degli storici, basandosi soprattutto sulla sua biografia – peraltro unico documento certo - redatta dal discepolo Alberto, lo additano come membro di una stirpe nobile dell’Aquitania, il quale, dopo aver condotto una vita peccaminosa, fu addirittura scomunicato dal Papa. Per questo Guglielmo seguì il pontefice fino a Roma, dove ottenne l'assoluzione [1]. Da quel momento intraprese la vita del pellegrino penitente, giungendo a Gerusalemme prima e a Santiago de Compostella in seguito, e per poi trovare la sua pace in Toscana, inizialmente sul Monte Pisano, poi nel Lucchese, poi in Garfagnana, e infine a Castiglione della Pescaia [2].
E proprio nei pressi di Castiglione della Pescaia, in provincia di Grosseto, benché sperduto nell'entroterra, abbandonato a sé stesso e completamente avvolto dalla vegetazione della macchia mediterranea, l'eremo di San Guglielmo, costruito in una zona di bassa collina, nel luogo esatto dove l'eremita visse gli ultimi anni della sua vita, si colloca in un quadro culturale architettonico singolare.
Inoltrandosi nel bosco per pochi chilometri, sempre costeggiando l'acquedotto, si scorgono i resti delle mura, dai quali si può risalire alla pianta dell'eremo.
Esso
ricalca la struttura dei conventi benedettini: la presenza di una corte di
fronte alla chiesa addossata sul lato sinistro, secondo uno stile riscontrato
anche presso il Monastero di San Rabano presso i Monti dell'Uccellina, e gli
ambienti, ovvero le celle dei monaci, disposte intorno al chiostro centrale
[3].
La
chiesa, oggi inaccessibile senza
gli adeguati permessi, e risalente alla prima metà del XIII secolo, è
addossata alla parete principale della cinta muraria; costruita in chiaro stile
romanico, rispecchia i caratteri principali dell'architettura eremitica toscana,
con un semplice schema icnografico ad unica navata centrale rettangolare, divisa
in tre campate da solidi semipilastri, senza contrafforti esterni, su cui sono
impostati due archi trasversali che reggono la volta a botte a sesto leggermente
acuto (e non con struttura lignea del tetto a vista).
Peculiarità
della costruzione è la presenza dell'abside semicircolare (talora non sempre
presente nelle chiese della zona) che si affaccia sul letto del torrente vicino;
la chiesa al suo interno è completamente
spoglia.
Sono
presenti tre finestre, due sul lato esterno e una sulla facciata a capanna
(forse risalente al XVI-XVII secolo) ed un semplice portale tardo romanico.
Dallo
studio delle strutture (per le quali si ipotizza che in origine fossero
addirittura a due piani per la presenza di un vano scale vicino all'ingresso
principale)
[4]
si denotano due momenti principali della costruzione dell'eremo: il primo
periodo, in cui si rileva la costruzione di un piccolo e primitivo eremo con
annessa cappella destinata a conservare le spoglie del santo, che subì
probabilmente notevoli danni nel 1224 durante una campagna militare dei senesi
contro Grosseto; il secondo periodo il 1227 ed il
Nel
corso del XV secolo venne abbandonato dai Guglielmiti, che si dispersero in
comunità più prospere, e l'eremo fu affidato da Papa Pio IV ad un signore
locale. Dopo la metà del XVI secolo, a causa della guerra di Maremma (che
interessò tutti i territori tra Piombino e lo Stato dei Presidi), subì nuovi
guasti e venne disperso l'archivio monastico, e le sue strutture utilizzate come
fortilizio.
Agli
inizi del XVII secolo solo gli Agostiniani (ai quali, nel frattempo, l'eremo era
stato affidato) si occuparono di piccoli lavori di restauro, per poi
abbandonarlo definitivamente alla fine dello stesso secolo.
Bibliografia
Kaspar
Elm, Un eremita di Grosseto di fama
europea: Guglielmo di Malavalle, in
Antonella
Sebato, L'eremo e il romitorio di San Guglielmo in Guglielmo
penitente in maremma, la fecondità di un incontro, a cura di Sandro
Spinelli, Editrice Il Mio Amico, Roccastrada 2004, pp.
57-62.
Italo
Moretti, Architettura degli insediamenti eremitici in Toscana in Ermites
de France et d'Italie (XIe-XVe siècle), sous la
direction d'André Vauchez, Ếcole Français de Rome, Roma 2003, pp.
277-298.
Paola
Pozzessere (a cura di), Chiese di eremi toscani coperte con volta a
botte, appendice del saggio di Italo
Moretti, Architettura degli insediamenti eremitici cit., pp.
277-298, voce "Eremo di San Guglielmo di Malavalle".
Carla Aurigi, L'eremo di San Guglielmo di Malavalle, Castiglione della Pescaia (GR). Testimonianze architettoniche e paesaggio: un rapporto da salvare, tesi di laurea in Restauro dei Monumenti, discussa presso la Facoltà di Architettura dell'Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di storia dell’architettura e del restauro delle strutture architettoniche, a.a. 1997-1998, relatore prof. Paolo Brandinelli.
Un ringraziamento particolare a Walter Bani con il quale ho condiviso questa “avventura” all’eremo sperduto nel bosco di Castiglione della Pescaia e per avermi mostrato i “misteriosi” simboli di Arcidosso.
NOTE
1 Kaspar
Elm, Un eremita di Grosseto di
fama europea: Guglielmo di Malavalle, in
3 Antonella Sebato, L'eremo e il romitorio di San Guglielmo in Guglielmo penitente in maremma, la fecondità di un incontro, a cura di Sandro Spinelli, Editrice Il Mio Amico, Roccastrada 2004, p. 58, e Paola Pozzessere (cfr. n. 4).
4 Paola Pozzessere (a cura di), Chiese di eremi toscani coperte con volta a botte, appendice del saggio di Italo Moretti, Architettura degli insediamenti eremitici in Toscana in Ermites de France et d'Italie (XIe-XVe siècle), sous la direction d'André Vauchez, Ếcole Français de Rome, 2003, pp. 277-298, voce "Eremo di San Guglielmo di Malavalle".
©2007 Fabio Figara