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Con l'avvento del secolo VIII l'Isola, retta da un' amministrazione viceregia e feudale la cui cultura pesantemente si ripercuoteva sulla vita quotidiana della popolazione pressoché ferma all'età medievale, viveva una particolare condizione di cristallizzazione. Palermo era un importante centro del bacino mediterraneo con attivi traffici economici e soprattutto una capitale a livello europeo, ricca di nobili attenti ad ogni novità esterofila. Nuovi influssi culturali ed architettonici ottimamente coadiuvati da un clima territoriale caldo per buona meta dell'anno, divennero gli artefici di una vigorosa spinta sfociata nella uova concezione dell'abitare della nobiltà.
La villeggiatura divenne ben presto un bisogno generale della classe borghese, dettata soprattutto da un'evoluzione sociale e collettiva e un'agiatezza ed un rilassamento di costumi. Il fenomeno proveniente dalla Francia e dal1'Inghilterra, assunse anche in Sicilia proporzioni molto ampie; a dimostrazione di volersi allineare con lo spirito innovatore che giungeva dalle più raffinate e colte sedi europee, pianificando e lottizzando il vasto territorio di cui disponeva.
Mondello
L'esodo dell'aristocrazia verso le campagne può quantificarsi attraverso la diretta testimonianza del cartografo Paolo Corso che nel 1723 censì un esorbitante numero di ceppi nobiliari. 107 principi, 76 duchi, 104 marchesi, 39 conti, un solo visconte, 81 baroni di terre e i 402 baroni di feudi. è in tale secolo, che nei dintorni di Palermo, si contano oltre 250 ville, abitate dalla classe dirigente della capitale dell'Isola, disseminate nelle campagne tra agrumeti ed orti, su tre principali direttrici di espansione: Piana dei Colli ad occidente, Mezzomonreale a meridione e Bagheria ad oriente. Una prima ondata si ebbe nella Piana di Bagheria piantumata ad agrumi e poi, quando le condizioni sociali e soprattutto la sicurezza dei luoghi lo permisero, garantiti soprattutto da un affievolirsi della pressione degli attacchi pirateschi lungo le coste, fu la volta della Piana dei Colli. Qui uomini di spicco contribuirono a rafforzare tale nuova moda dell'abitare, costituiti da alcuni mercanti e, soprattutto, da aristocratici di rango e da grandi borghesi provenienti dalla magistratura.
Quest'ultimo fu il gruppo più numeroso attratto anche da un cospicuo reddito fondiario che si ricavava dalla coltivazione degli orti urbani che gli insediamenti borghesi accrebbero. Esso poteva facilmente entrare in possesso di vaste estensioni di terreni, per lo più abbandonati dopo secoli di intenso sfruttamento agro-pastorale documentati a partire dal XII secolo con la piantumazione del mirto, lo sfruttamento della foresta e la messa a dimora dei vigneti o per 1'acquisto a poco prezzo o per concessioni enfiteutiche. Questa breve premessa ci permette d'introdurre il tema della difesa delle numerose maestranze agro-pastorali che lavoravano già nel XVII secolo nel nostro territorio e delle pregiate coltivazioni orticole e dei vigneti, spesso alla merce' di assatanate orde di pirati barbareschi, che tanti lutti e distruzioni arrecarono nelle Piane dei Colli e di Gallo.
La costruzione di un nuovo baglio agricolo o di una villa, prevedeva, quindi, l'erezione di una propria torre a difesa dell'integrità fisica dei lavoranti e delle derrate alimentari che si raccoglievano nei magazzini, pronte da spedire nei mercati della murata città di Palermo e dell'entroterra. Le dieci ville che non sfuggirono a tale logica costruttiva, cioè di abitazione-difesa-magazzino agricolo sono: la villa Santocanale; la villa De Simone; la villa Di Matteo; la villa Castelforte; la villa Politi; la villa Mercadante; la villa Verde; la villa Scalea; la villa Parisi e la villa Tommaso Natale. Interessante osservare innanzi tutto, che esse stesse sorsero sulle vicinanze di preesistenze di antichi torrioni di difesa o inglobarono torri del1'avvistamento e della difesa, che poi man mano s'ingrandiranno originando le ville come oggi noi le osserviamo.
VILLA SANTOCANALE. Fu edificata sulle preesistenze di un'antica torre del secolo XVI. Essa era già di per sé difesa dalla cortina del monte Gallo, ma aveva scoperto i lunghi corridoi naturali costituiti dalle "portelle" di Mondello e di Sferracavallo. In caso di imminente pericolo proveniente dal mare, era compito dei torrari della torre della Vuletta e della torre Amari o Dammuso di Gallo, ambedue a guardia delle marine occidentali ed orientali, di comunicare alle sottostanti torri delle Falde, Leone, degli Spagnoli ed alla torre del Pantano, il messaggio di pericolo da decodificare e da rimandare ad altre postazioni. Immediatamente si passava alle necessarie difese proteggendo le maestranze agricole, facendole affluire all'interno della propria torre o accennando una pur minima reazione, nell'attesa dell'arrivo della squadra dei cavallari.
VILLA DE SIMONE. Tra le più interessanti ville del territorio collese, villa De Simone (un tempo Achates), la più vicina assieme alle ville Carbone e Di Matteo, alla marina mondellese e quindi più facilmente attaccabile. Ciò era dovuto al fatto che nel Seicento il suo firriato si trovava ad un centinaio di metri dal mare costituito dall'ampia salina allora navigabile ed i cui perimetri erano dati dalle attuali vie Pazienza ad Occidente e Saline ad Oriente. Villa De Simone poteva contare sulla vigilanza delle torri appadronate Pilo, Canazzo e Cagiulano e da quella del Pantano, la cui presenza è accertata da documenti seicenteschi.
VILLA DI MATTEO. La villa Di Matteo (e non Mattei) in caso di improvvisi attacchi, delegava la difesa ad oltranza, oltre all'attesa dei rinforzi mandati da Palermo, alle maestranze che vi lavoravano asserragliate nella poderosa torre, ancora oggi visibile nel versante Nord dell'edificio. La Di Matteo non possedeva a protezione un fitto sbarramento di opere difensive come potevano averlo le ville più all'interno della Piana, ma in compenso la sua principale difesa era quella di sapere anzitempo 1'avvicinarsi di un pericolo, grazie ai messaggi coi fani che le giungevano dalle lontane torri di Ustica, torre del Fico d'india, di Waldisi e del Pantano.
La torre Amari o Dammuso di Gallo
VILLA CASTELFORTE. La villa ha subito nel tempo numerosi rimaneggiamenti sino alla forma attuale. Edificata su preesistenze di un baglio agricolo con torre, i difensori di villa Castelforte non perdevano di vista per un solo istante le due torri montane del Dammuso di Gallo o torre Amari ad Ovest e la torre di monte Pellegrino ad Est, i principali punti di riferimento della difesa della Conca d'Oro e della stessa città murata di Palermo. La lunga distanza che oggi intercorre tra la villa ed il mare, pensando che poteva essere immune da attacchi, non deve trarre in inganno il lettore, poiché pirati e corsari erano in grado di sbarcare con veloci cavalli ed operare sanguinosi raids.
VILLA POLITI. Villa tra le più esposte dell'intera Piana di Gallo, assieme alle ville Mercadante e Verde. Essa doveva tenere in conto che gli attacchi potevano avvenire, oltre che dal1e due "portelle" di Mondello e di Sferracavallo, anche dal versante del1'Acquasanta, allora misero villaggio di pescatori, abbarbicato alla torre ed alla tonnara del Monaco, oggi non più esistente perché abbattuta dai Florio, per 1'ampliamento del Cantiere Navale. I suoi punti di forza erano: la torre Giovanni nelle campagne di Pallavicino, la Niscemi I e la Niscemi II. La prima s'intravede inglobata nelle stalle di età borbonica della Favorita e la seconda dell'omonima villa, oggi sede comunale.
VILLA MERCADANTE. La derelitta villa Mercadante allo ZEN II, anch'essa trasformata da un preesistente baglio agricolo con chiesa, pozzi, stalle e magazzini agropastorali, era in diretto contatto ottico con le torri Collegio Romano, Mattaliano, delle Falde, Leone e con tutte quelle poste lungo la portella" di Sferracavallo, ovvero la Sferracavallo B, degli Agostiniani, e la torre Sferracavallo A, i cui ruderi si possono vedere alle spalle dell'hotel Bellevue. Resta sempre ben inteso che la sua torre difensiva aveva corrispondenza di segnali con quelle più strategiche del territorio: la torre Billiemi I, la torre della Vuletta, il Dammuso Gallo e la torre di monte Pellegrino.
© Pippo Lo Cascio. Testo già apparso nel sito Mondello Lido, e qui ripubblicato con il consenso dell'autore.