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Intervista di Bojana PETRic a VALENTINA SEPE
Immagine dal sito www.storiadimilano.it
Nell’articolo che hai scritto con il professor Antonio Brusa, “La didattica dei beni culturali” [1], parlate di due tipi di didattica della storia: la didattica dei racconti e quella delle operazioni. Come avviene il possesso del passato nella prima e come nella seconda?
La didattica del
racconto fonda la sua efficacia sulla spiegazione. È, infatti, l’approccio
didattico più diffuso nella scuola, caratterizzato dal binomio
lezione-interrogazione.
I soggetti
protagonisti di questo approccio didattico sono gli insegnanti, che forniscono
nei loro racconti tutte le risposte cognitive, svelano le dinamiche dei processi
storici e i problemi ad esse legati. Gli studenti apprendono per imitazione e
reiterazione, riproducendo, in maniera più o meno personale, racconti già
dati. L’interrogazione è dunque lo strumento che serve per controllare i
processi formativi. Attraverso i discorsi degli studenti, infatti,
l’insegnante verifica l’apprendimento dei contenuti.
La didattica delle
operazioni, invece, utilizza e sviluppa le abilità degli studenti, non fornisce
tutte le risposte cognitive ma insegna ad elaborare le domande. Essa fonda la
sua efficacia sulla costruzione di capacità di ragionamento specifico,
attraverso i contenuti e attraverso le operazioni storiografiche.
È un modo di
insegnare storia che adotta strumenti per poter costruire racconti, comprenderne
i punti di vista e per poter distinguere un discorso scientifico da discorsi di
diversa natura. Il possesso del passato avviene, in questo caso, attraverso pratiche
che di volta in volta vengono progettate in relazione ad obiettivi specifici.
Il gioco è una metodologia propria della didattica delle operazioni. Quali sono i vantaggi nell’usare la metodologia del gioco nell’insegnamento di storia?
Il primo vantaggio che
sicuramente va riconosciuto al gioco è che piace e diverte. Il piacere e il
divertimento sono importanti quando ci si prefigge degli obiettivi didattici
alti, in quanto ciò che si impara divertendosi non si dimentica facilmente,
rimane come patrimonio personale degli alunni e collettivo della classe.
L’insegnante, perciò, può riprendere i contenuti in un contesto diverso, a
distanza di tempo, e utilizzarli per far acquisire nuove conoscenze e abilità.
Un secondo aspetto
positivo del gioco è la capacità di “far mettere in campo”
contemporaneamente differenti competenze. Ogni studente utilizza le abilità a
lui più consone, poiché le strategie per poter vincere sono molteplici: si può
essere dei bravi oratori, attenti lettori, insospettabili strateghi e così via.
Tutti i giocatori possono trovare una propria collocazione, reinventarsi
rispetto al contesto-classe e, in alcuni casi, sorprendere l’insegnante per
l’inattesa partecipazione. Per questo, monitorare le dinamiche di
apprendimento attraverso il gioco può essere un utile strumento per poter
strutturare, in una seconda fase, strategie individualizzate.
Altre caratteristiche
rilevanti dell’attività ludica sono di natura relazionale: il gioco abitua al
lavoro di gruppo, stimola la collaborazione, può aiutare nella gestione dei
conflitti ed è un ottimo strumento per individuare problemi relazionali e
poter quindi elaborare soluzioni.
Il gioco per le discipline storiche,
in particolare, possiede dei vantaggi specifici. Infatti, se ben costruito,
fornisce un’idea del passato non semplicistica
[2].
Un gioco di
simulazione, ad esempio, può riprodurre le dinamiche sociali proprie di un
particolare contesto. Questo permette di scoprire efficacemente la complessità
che contraddistingue tali dinamiche, la molteplicità dei fattori che in esse
agiscono e le conseguenze che ne potrebbero scaturire.
Gli esiti di un gioco
di simulazione non sono scontati, né predefiniti, come del resto non lo sono
nella storia, dipendono dal contesto, dal caso e dalle scelte degli individui.
Saper analizzare e gestire quante più coordinate possibili è il
presupposto per poter capire.
Inoltre, a fine gioco,
discutere di ciò che è avvenuto significa anche scoprire quanti diversi
racconti è possibile produrre su una sola realtà. Il resoconto, ad esempio, di
chi nella simulazione è stato re della città di Ur, è diverso da quello dei
giocatori-contadini o dei mercanti del regno. Così è quasi immediato
apprendere come la scrittura storica si intrecci con i ruoli, i vissuti e come
essa debba essere oggetto di critica per potersi definire scientifica e, in
qualche modo, condivisa.
Quindi, in generale, ritengo che il
gioco consenta di acquisire alcune conoscenze e abilità storiche che altrimenti
difficilmente potrebbero essere apprese
[3].
E
quali sono le difficoltà?
Le difficoltà
nell’utilizzo del gioco non sono poche, ma penso che valga la pena di
superarle. Un docente che voglia sperimentare per la prima volta questa
metodologia incontrerà un primo ostacolo nella scelta stessa dell’attività
ludica da proporre in classe. Esistono infatti diversi giochi, molti dei quali
sono solo di ambientazione storica ma non possono essere riconducibili ad una
didattica moderna o delle operazioni. Inoltre esistono giochi molto interessanti
ma complessi da gestire per chi non è ancora pratico e, infine, giochi efficaci
e nello stesso tempo semplici da condurre.
La risoluzione per
questo tipo di problemi (di scelta e di
conduzione del gioco) può consistere nell’avvalersi della consulenza di
esperti in formazione.
L’associazione di
cui faccio parte, Historia Ludens, conduce in Italia da anni giochi nelle classi
di tutti i cicli, fornisce materiale inerente alle attività e prepara i docenti
all’interno dei propri corsi di aggiornamento.
Una delle questioni più
sollevate durante i nostri corsi è quella dell’inserimento del gioco nella
programmazione. Molti docenti si chiedono quanti giochi inserire, quando
proporli e quanto tempo dedicare a questo tipo di attività.
Un gioco implica infatti un impiego
di tempo elevato (2-3 ore) ed è poco fruttuoso se utilizzato in maniera
episodica. Per questo, adottare questa metodologia necessita una scelta che
faccia anche i conti con i tempi scolatici. Il gioco non è un’attività
aggiuntiva ma può essere inserito come elemento costitutivo di un curricolo di
storia che si avvalga di molteplici metodologie didattiche. Le lezioni, i
laboratori, le escursioni, l’utilizzo di mappe e i giochi possono essere
progettati e proposti come un percorso coerente e ben strutturato sia dal punto
di vista didattico che storiografico [4].
È dunque necessario ripensare l’intero curricolo.
L’approccio
ludico esige delle capacità specifiche da parte degli insegnanti.
Quali capacità sono particolarmente importanti e come si sviluppano?
Proporrei, più che un
elenco di abilità specifiche, alcuni consigli per permettere che il gioco possa
funzionare al meglio. Il primo è quello di tener presente che, per
l’insegnante, proporre un’attività ludica significa assumere un ruolo
inedito. Questo non implica una perdita di credibilità, ma corrisponde ad una
diversa visione del proprio ruolo professionale: il docente sceglie di
rinunciare alla protezione dell’autorità cattedratica e “si mette in
gioco”. Ritengo che questa possa essere una modalità per conquistare
l’attenzione e l’interesse dei ragazzi molto gratificante, perché basata
sulla stima e sulla condivisione di esperienze.
Ho già parlato in
precedenza di altri aspetti che reputo importanti come, ad esempio, la
necessaria disponibilità a ripensare il curricolo o ad impratichirsi con la
conduzione del gioco. Inoltre è indispensabile un attento studio di alcune
questioni legate al gioco didattico consultando una bibliografia specifica. Fra
queste questioni un’attenzione particolare va assegnata al debriefing.
Infatti durante il
gioco i contenuti vengono appresi senza piena consapevolezza, questo è una
prerogativa di un’attività ludica ben riuscita. Per questo motivo è sempre
necessario dedicare non meno di 30 minuti ad una fase riflessiva, separata dallo
spazio ludico vero e proprio, che permetta di riprendere e condividere con la
classe le conoscenze acquisite.
Questa parte dell’attività si
chiama debriefing o dopogioco
ed è un aspetto fondamentale del gioco didattico, perché ne costituisce
l’analisi scientifica e perché permette di strutturare le conoscenze. Su
questa ampia questione, occorre dunque informarsi prima di intraprendere
l’esperienza del gioco per non rischiare di vanificare le potenzialità di un
gioco ben riuscito
[5].
Nell’articolo
hai scritto che si usano giochi differenti in relazione al contesto. Potresti
descrivere in breve un gioco adatto ad un sito archeologico, ad un museo o una
mostra, e alla scuola?
“Una giornata di
Gaio ad Egnazia” è un gioco realizzato dall’associazione Historia Ludens
per il sito archeologico di Egnazia (a sud di Bari). Gli studenti, una o due
classi, una volta giunti sullo scavo, vengono divisi in gruppi, ognuno dei quali
è una famiglia romana arrivata da poco nell’antica colonia. Ciascuna famiglia
ha una sua piccola avventura giornaliera e così deve subito darsi un gran da
fare per riconoscere gli ambienti dello scavo, aggirarsi sul pavimento
lastricato del foro, all’interno dei resti dell’antica basilica civile, fra
le insulae e osservare anche apparenti dettagli, come i solchi lasciati dai
carri lungo la via Traiana. L’obiettivo di ogni gruppo consiste nel consegnare
per primi la propria mappa dello scavo compilata.
Questa attività possiede una struttura che vagamente
ricorda quella della caccia al tesoro, in cui si unisce il fascino della
scoperta e della “risoluzione del caso”, con la gioia di poter girare liberi
in un luogo, scovandone gli aspetti più segreti. Per questo è perfetta per un
contesto come quello di un sito archeologico, caratterizzato da ampi spazi e
dove bisogna sviluppare la capacità di immaginare “come doveva
essere” basandosi sui dati archeologici.
Per i musei, invece, sono indicati altri tipi di giochi, come ad esempio
il memory. Il memory è un gioco di carte
che conoscono in molti: si gioca con un mazzo di carte composto da immagini, di
cui ognuna ha una sola gemella, si sistemano le carte coperte su un tavolo e poi
ci si sfida ad individuare il maggior numero possibile di coppie.
La sua struttura estremamente semplice può essere
utilizzata con un qualsiasi archivio di immagini, come, ad esempio, le foto dei
reperti contenuti nei musei. Al mazzo di carte con le immagini può essere
abbinato un mazzo con le corrispettive didascalie, in modo che ad ogni immagine,
non corrisponda più la gemella, ma una sua breve descrizione. In questa maniera
gli studenti potranno apprendere giocando cosa voglia dire, ad esempio, “vaso
a staffa”, “olla iapigia”, “Lekythos attica” o “statua acefala”.
Il memory può essere ulteriormente arricchito, chiedendo
agli studenti, divisi in gruppi, di individuare all’interno del museo i
diversi oggetti e di completare una scheda di approfondimento su ciascuno di
essi, servendosi delle didascalie disposte accanto ai reperti.
Per i giochi da proporre in classe, è un’impresa
davvero ardua raccontarne uno che possa essere più o meno rappresentativo.
Esistono infatti numerosissimi tipi di gioco, ciascuno con le proprie specificità
e funzionale alla tipologia di contenuto storico che ha l’obiettivo di
veicolare. I giochi di simulazione possono, per esempio, essere indicati per far
comprendere le dinamiche sociali o i processi di trasformazione. Il gioco
“Magna Grecia”, invece, è un libro-game, cioè un percorso a “bivi” in
cui ogni scelta conduce verso una diversa prosecuzione del racconto-avventura.
Le decisioni dei gruppi definiscono, tappa per tappa, la narrazione e conducono
verso uno dei possibili finali. Gli studenti, nelle vesti di antichi greci,
hanno l’obiettivo di fondare una colonia nella Magna Grecia, ci riusciranno se
sapranno destreggiarsi fra gli ostacoli determinati dalle difficoltà di
navigazione, dalle dinamiche sociali e dall’incontro con le popolazioni
indigene. L’attività permette di comprendere le cause e le problematiche
relative alla colonizzazione, è un viaggio fra le pagine del Mediterraneo
di Braudel per scoprire la fatica dell’avventura nelle acque del
Mediterraneo.
Hai
molta esperienza sull’utilizzo didattico dei giochi di storia grazie al tuo
lavoro con l’associazione Historia Ludens, composta da docenti ed esperti in
didattica della storia. Quali consigli puoi dare per introdurre la metodologia
del gioco?
Se dovessi ripensare alle prime volte in cui ho condotto
dei giochi in classe, a ciò che mi è stato più utile, consiglierei agli
insegnanti per prima cosa di osservare qualche gioco condotto da un esperto,
utilizzando una griglia di osservazione.
Poi proporrei di sperimentare il gioco da giocatore,
perché è il modo più adeguato per comprenderne a fondo le dinamiche.
Infine, anche se può risultare in alcuni casi difficile
da realizzare, inviterei il docente a condurre l’attività con giocatori amici
e colleghi, per poi finalmente di proporlo in classe. È un lavoro un po’
impegnativo ma davvero utile soprattutto per le prime esperienze.
Infine, uno studio il più possibile approfondito delle
problematiche legate al gioco in generale e delle questioni storiografiche
trattate nell’attività scelta, modifica di molto la qualità dell’attività
didattica proposta.
1 Rintracciabile in www.uniba.it,
Progetto Mentore, azione ori, disciplinare.
2 In merito a questo segnalo due testi che ritengo fondamentali per i docenti di storia che adottano la metodologia del gioco e del laboratorio: BRUSA A., Guida al manuale di Storia, Editori Riuniti, Roma 1985 e BRUSA A., BRESIL L., Laboratorio I, II, III, Ed. scolastiche Bruno Mondadori, Milano 1994-96.
3 Un contribuito recente su questa questione è stato pubblicato on line: CECALUPO M., MUSCI E., Imparare giocando: giochi e simulazioni nella didattica della storia, materiale di studio pubblicato on line e disponibile per gli iscritti al corso di aggiornamento per docenti proposto da INDIRE (Istituto nazionale di documentazione per l'innovazione e la ricerca educativa) www.indire.it.
4 Per ripensare il curricolo di storia è utile consultare BRUSA A., CECALUPO M., La terra abitata dagli uomini, Progedit, Bari 2000, e BRUSA A., La programmazione di storia, La Nuova Italia, Firenze 1993.
©2007 Valentina Sepe. Intervista pubblicata in lingua serba sulla rivista «Misao» e in italiano sul sito europapuglia.it.