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di GIUSEPPE DALFINO

Bari, chiesa di San Giorgio dei Martiri

   

1. Introduzione

Nel periodo che va dal VII al XII secolo nasce e si sviluppa in Puglia (l’antica Apulia et Calabria di età dioclezianea e Regio II nell'Italia augustea) il fenomeno architettonico unico in Italia delle chiese a cupola. I limiti temporali sono forniti dalle datazioni delle chiese di S. Apollinare (VII secolo) in agro di Rutigliano, del tempietto di Seppannibale (VIII secolo, Fasano-Brindisi) e di S. Corrado a Molfetta (prima metà del XII - fine del XIII) in stile romanico pugliese a cupole in asse, che ho scelto come termini ante quem e post quem del fenomeno architettonico.

S. Apollinare presso Rutigliano (BA)  Seppannibale presso Fasano (BR)  S. Corrado, Molfetta (BA)

2. L’architettura nell’XI secolo

Gran parte degli edifici a cupola nel Mezzogiorno a livello urbano e rurale vengono costruiti intorno all’XI secolo parallelamente alle grandi cattedrali romaniche. Pochi ma significativi sono gli esempi di chiese, per la maggior parte rurali, databili ad un epoca anteriore al Mille. In Puglia si manifesta la traduzione di un linguaggio architettonico composto da diversi elementi culturali provenienti per lo più dall’Oriente adattati al gusto occidentale, e si diffonde l’uso di includere le cupole all'interno di tiburi piramidali, rivestiti all'esterno da chianche messe di taglio. Le cupole sono inserite sull'asse principale dell’edificio di culto ad una o tre navate, dove quelle laterali sono spesso coperte da volte a mezza botte che hanno la funzione di contraffortare il peso delle cupole stesse.

La Regio II  Percorso della via Traiana a Sud

3. Viabilità

Una delle cause principali della nascita e diffusione di santuari e chiese nel Medioevo è sicuramente il collegamento con la rete viaria. In tutti i livelli della società medievale si sentiva una forte partecipazione ad una sorta di “febbre del movimento” che fa del mondo medievale un mondo in marcia. L’Appia Traiana, nel Medioevo e per tutto il periodo delle crociate, fu usata per collegare Roma, punto di arrivo della Via Francigena proveniente da Canterbury, con l'Oriente. è infatti indicata come “Via Francigena del Sud” poiché passava attraverso la Puglia nel tratto da Troia a Brindisi [1]. La Via Traiana si trovò inserita in un crocevia delle grandi vie di pellegrinaggio verso la Terrasanta, verso il Santuario di S. Michele Arcangelo sul Gargano e San Nicola a Bari, santuari di altissimo valore spirituale già allora conosciuti in tutto il mondo cristiano. Collegava Beneventum dove si divideva in due tronconi che si dirigevano a nord verso Herdoniae (Ordona) toccando Aece (Troia) e proseguendo per Canusium incontrava le mutationes di Rubos, l’odierna Ruvo, e Butontos dove si biforcava ancora in direzione del porto di Egnazia fino a Brundisium. Fonti relative al VII secolo documentano come l’imperatore bizantino Costante II e il duca longobardo di Benevento Romualdo, quest’ultimo nell’espansione verso Brindisi, si servirono della Via Appia Traiana [2]. Il che potrebbe mettere in relazione la stessa con l’edificazione di alcune delle nostre chiese come la già citata S. Apollinare in agro di Rutigliano, S. Michele in Frangesto in territorio di Monopoli, il tempietto di Seppannibale sito tra Monopoli ed Egnazia, e San Leonardo di Siponto, oltre tutte quelle nel Nord barese che insistono sul tragitto della Via Traiana. In particolare di S. Apollinare edificata nei pressi di Azetium (nome antico di Rutigliano) sappiamo che la stessa sorge in una contrada denominata “Purgatorio”, nome derivante da praetorium [3] che rappresentava il punto centrale intorno al quale era disposto tutto il castrum romano. è quindi la Via Traiana il “filo conduttore” per lo studio topografico della Puglia che ci porta a comprendere la scelta di edificare le chiese a cupola e a cupole in asse concentrate a nord della regione più o meno lungo tutto il tracciato viario. Al fine di avere una panoramica sulla distribuzione delle chiese sul territorio ho proceduto ad una suddivisione della Puglia in cinque "zone" ponendo la città di Bari, con la chiesa di S. Giorgio dei Martiri (o degli Armeni), nella zona Centro tra le zone a Nord (da Bari a Monte S. Angelo), Sud (da Rutigliano a Gallipoli), Sud-Ovest (Bitetto e Altamura) e Sud-Sud-Ovest (da Valenzano a Manduria).

S. Michele in Frangesto presso Monopoli (BA)  S. Leonardo di Siponto  Distribuzione geografica delle chiese

4. Tipologie architettoniche

Concordo con la tesi secondo cui le origini della tipologia delle chiese a cupola sia una evoluzione dalla locale abitazione rurale in pietra a secco e dai ripari temporanei costruiti dai contadini anche se tali costruzioni sono di difficile datazione [4]. Questi ripari conosciuti con i nomi dialettali: “trulli”, o “caseddhe” (o caselle), diffusi nelle campagne e sulle Murge della Terra di Bari e nel Salento, sono costruzioni unicellulari in pietra a secco utilizzate dai contadini all’inizio come riparo temporaneo o giornaliero e ricovero per attrezzi, poi anche come abitazione, usualmente a pianta circolare coperti da una cupola realizzata a file concentriche di chiancarelle poste di taglio culminanti con una lastra di chiusura. Così le cupole di S. Eustachio in agro di Giovinazzo e S. Apollinare in territorio di Rutigliano hanno coperture coniche a trullo. Un processo evolutivo potrebbe aver permesso in Puglia il passaggio dalla “casa rurale” realizzata in materiale lapideo a “edificio di culto” dove all’ambiente abitativo monocellulare di 5/6 metri di diametro viene aggiunta un’abside e dove la copertura a cupola era già presente nei “trulli”. Nel corso di 5 secoli dal VII al XII il modello si sarebbe così evoluto grazie alle varie influenze culturali provenienti dall’oriente in particolare. Già accadde in Siria a Dura Europos dove si trova il primo esempio di Domus Ecclesia (casa-chiesa) risalente al 232 d. C. Lo stesso avvenne in ambito pagano, infatti i primi templi greci erano una evoluzione dello standard tipologico residenziale dove poi l’organismo cominciò a differenziarsi in base alle esigenze di culto [5].

Tipologie dei trulli  S. Eustachio presso Giovinazzo (BA)  Dura Europos

4.1. Diversità tipologiche

Considerando le diversità tipologiche all’interno del fenomeno ho classificato le singole chiese all’interno di gruppi secondo le peculiarità che le accomunano.

Ho creato quindi quattro gruppi secondo le varianti nel tipo di copertura delle cupole distinguendo così:

 ·        -“cupole ad estradosso libero

 ·        -“cupole con estradosso del tipo “Gallana-Crepacore

 ·        -cupole con copertura a trullo con chiancarelle

 ·         -“cupole a copertura piramidale con chiancarelle”.

e cinque tipologie secondo varianti nelle planimetrie:

·     "Pianta a croce greca contratta inscritta": diffusa in provincia di Bari nella zona Nord. La chiesa di S. Giorgio in territorio di Bari, è l'unico edificio della zona Centro.

·     “Pianta a croce greca inscritta”: chiesa bizantina di S. Pietro di Otranto pianta a croce greca inscritta in un quadrato triconco coperta da cupola.

·      Chiese a due cupole in asse: la più diffusa delle tipologie: Massafra (TA), chiesa di S. Lucia; S. Maria di Calena chiesa benedettina sulla costa del Gargano, a lungo considerata l'antesignana delle chiese a cupole in asse di Puglia [6]; S. Apollinare, in territorio di Rutigliano, il primo degli edifici della zona Sud in ordine geografico; chiesa di S. Pietro di Crepacore presso Torre Santa Susanna (Brindisi) [7], che grazie alla particolare forma dei tiburi ha permesso, insieme a S. Maria di Gallana, di creare il una nuova tipologia con il gruppo “copertura del tipo Gallana-Crepacore” (entrambe sono state definite  chiese castrensi [8] per la vicinanza al “Limitone dei Greci”, confine tra i territori longobardi e bizantini tra Taranto e Brindisi); chiesa di Seppannibale tra Monopoli e Fasano (Brindisi), indicata come prototipo delle chiese a cupola in Puglia e datata all'VIII secolo [9].

·     Chiese a pianta centrale con una cupola: tempietto di S. Miserino nei pressi di S. Donaci (Brindisi), riutilizzo di un ninfeo o martyrion paleocristiano a pianta ottagonale quadriconca inscritta quadrato coperto da cupola; S. Bartolomeo di Padula in territorio di Castellana Grotte, a pianta quadrata, coperto da cupola emisferica, conclusa da due absidi.

·     Chiese a più cupole in asse: duomo di Molfetta dedicato a S. Corrado. Il duomo è a pianta longitudinale a tre navate con tre cupole corredate di pennacchi sferici o a cuffia sull’asse centrale e conclusa da un’abside semicircolare non estradossato; chiesa di Ognissanti a Valenzano ex abbazia benedettina con pianta longitudinale a tre navate coperta da tre cupole sulla navata centrale (XI secolo).

S. Maria di Gallana (BR)  S. Bartolomeo di Padula presso Castellana (BA)

5. Chiese rupestri e chiese sub divo

La presenza di nuclei insediativi rupestri in Puglia, risalente ai secoli della dominazione bizantina (IX-XII secolo), costituisce una variante tecnica rispetto all'edilizia costruita, con esiti interessanti ed autonomi [10]. Il soffitto delle chiese rupestri è di solito piatto ma a volte simula, il sistema ad una o più cupole in asse scavate nella roccia o edificate in muratura che avevano la finalità di segnalare all'esterno la presenza di un luogo di culto [11]. Per esempio nel S. Gregorio a Mottola o come nella cripta della Candelora a Massafra [12]. In S. Gregorio una delle cupole, oggi crollata, poggiava su pennacchi piani in modo da simulare lo scarico dei pesi, del tutto simili a quelli presenti in S. Apollinare presso Rutigliano.

Chiesa della Candelora, Massafra (TA)  S. Ilario a Port'Aura, Benevento

6. L’influenza dei “conquistatori” nell’architettura a cupola

Armeni. A testimoniare la presenza degli armeni nell’ambito delle chiese a cupola in Puglia c’è S. Giorgio dei Martiri o degli Armeni a Bari, risalente al X secolo, eretta dal chierico armeno Mosese (da cui prese la dedicazione S. Giorgio degli Armeni). La presenza di nuclei familiari armeni in città si spiega con il ruolo preminente che essi svolsero all’interno dell’esercito bizantino [13].

Bizantini. Particolarmente significativi per la vita della Puglia furono i contatti con l’Impero Romano d’Oriente che aveva a capitale Costantinopoli centro della civiltà bizantina. La presenza bizantina in Puglia risale alle guerre tra longobardi e bizantini dove questi ultimi riuscirono a mantenere porzioni di Italia meridionale compresa la Calabria (attuale Puglia). La Chiesa pugliese dei primi secoli fece da tramite fra Roma e Costantinopoli, diffondendo una tradizione culturale soprattutto nelle aree costiere e del basso Salento. Otranto in prima istanza, che agli inizi del X secolo è arcivescovado autocefalo, dipendente cioè direttamente dalla sede patriarcale di Costantinopoli. Così l’architettura pugliese grazie alla presenza dei bizantini si arricchisce di nuovi contenuti ed elementi stilistici di origine orientale come la pianta a croce greca e la cupola, sicuramente un elemento costruttivo tipico dell’architettura bizantina ma non nella disposizione “a cupole in asse” assente a Costantinopoli.

Longobardi. Delle vicende della penetrazione dei Longobardi nel Mezzogiorno poco riferisce la fonte principale, lo storico Paolo Diacono (720 ca.-799 ca.) che, d’altronde, scrive a due secoli dalla conquista. Popolo di stirpe nord europea, i Longobardi, originari del Bardengau, si stanziarono in Pannonia tra la fine del V e i primi anni del VI secolo da dove nel 568 lungo il basso corso dell'Elba iniziarono la discesa verso l’Italia al comando di Alboino fino ad arrivare nel 569 a Milano. Nel 572 inizia la penetrazione nell'Italia meridionale con l'insediamento in Benevento dove poi viene fondato da Zottone (m. 590) il ducato omonimo. Del ducato di Benevento facevano parte la Capitanata e i territori della Puglia settentrionale costituenti la Daunia, gran parte della Campania, della Basilicata, della Calabria settentrionale.

In questa ricerca i longobardi costituiscono un trait d’union che può gettar luce sulla nascita e diffusione di questo linguaggio architettonico. Il riferimento va alle chiese di S. Ilario a Port'Aura e la scomparsa S. Pietro ad Caballum, entrambe a Benevento, cui è stato affiancato il tempietto di Seppannibale dove negli affreschi presenti, si riscontrano elementi di contatto con la cultura longobarda in Campania. I longobardi però non avevano una architettura propria, piuttosto si può dire che contribuirono al formarsi di tecniche locali. Sono poche le chiese, tra l’altro uniche superstiti di una “architettura del periodo longobardo”, nelle quali essi rielaborano modelli bizantini con una tecnica costruttiva basata sul recupero dei materiali provenienti da antiche vestigia d’età classica come accade per S. Pietro di Crepacore.

Normanni. La crescita e diffusione delle istituzioni ecclesiastiche nell’XI secolo è sicuramente legata alla volontà politica del potere normanno. I territori conquistati dai Normanni in Italia meridionale gravitano nella duplice sfera di influenza di grandi civiltà: la Roma antica che ha tramandato il modello basilicale paleocristiano nell’arte dei principati longobardi e l’influenza greco-bizantina che invece si riscontra nelle chiese cupolate con impianto centrale di Calabria e di Puglia, così come quella musulmana si riconosce nei palazzi siciliani. Attraverso i Normanni, e più generalmente i Franchi che si aggregano a loro, sono state introdotte nel Mezzogiorno le principali matrici architettoniche, precedentemente sperimentate nelle loro aree di origine così come  i modelli trasmessi dal monachesimo cluniacense. Gran parte della cultura italiana del Mezzogiorno è di origine monastica, e centri di produzione artistica si raggruppano intorno alle corti feudali normanne, innanzitutto alla corte reale di Palermo. Nel campo architettonico, le committenze normanne portano alla creazione di una serie di edifici ecclesiastici in cui le tradizioni indigene («cassinese», bizantina, e arabizzante) coesistono con le soluzioni importate dall’architettura benedettina cluniacense.

   

7. Conclusioni

Queste originali forme architettoniche si sviluppano, quindi, in un fervido clima politico, economico e culturale garantito dai rapporti con il vicino Oriente e con l’Europa del nord, grazie all’avvicendarsi di popolazioni di stirpe saracena, bizantina, longobarda e in seguito normanna che diffusero la loro cultura mescolatasi con le tradizioni locali e ovviamente con il sostrato della passata epoca romana. Ovviamente l’architettura subì gli influssi diretti di queste culture miste distinguendosi in Italia con la creazione di tipologie nuove ed esclusive per la Puglia.

  

    

NOTE

1  La più recente bibliografia sulla via Appia: R. Stopani, La via Francigena del Sud. L’Appia Traiana nel Medioevo, 1992; F. Castagnoli, Appia Antica, Milano 1956; P. Fustier, Vie di Magna Grecia, in Atti del Convegno di Studi sulla Magna Grecia (Taranto 1962), Napoli 1963; G. Radke, Viae publicae romanae, Bologna 1981; G. Uggeri, La viabilità romana nel Salento, Museo Civico Archeologico “Ugo Granafei”, Mesagne 1983.

2  Paolo Diacono, Historia Langobardorum, VI, 1; Cfr. Stopani, La via Francigena cit., p. 24 e bibliografia relativa.

3  Lavermicocca - Pacilio - La Notte, S. Apollinare in Rutigliano, Nicola Didonna editore, 1987. 

4  Berteaux e De Giorgi nei primi del '900 ebbero l'intuizione di dover ricercare l'origine dell'uso della cupola per voltare edifici di culto nei trulli, cfr. E. Berteaux, L'art dans l'Italie meridionale, Parigi 1903, vol. I, pp. 386-399; De Giorgi C., S. Maria di Gallana in territorio di Oria, in «Rivista Storica Salentina», VIII (1914); Dello stesso parere è Vincenzo Maria Valente, Il Duomo di Molfetta e la Basilica di S. Marco a Venezia. Genesi e studio di due architetture a cupola, Levante ed., Bari, p. 62; Anche A. Venditti è convinto che ci sia una continuità tra i trulli e le chiese a cupola, vedi AA.VV, Dizionario Enciclopedico di Architettura ed Urbanistica, Roma 1968, I, p. 372, s.v. voce “Bizantino”; Lavermicocca espone teorie favorevoli alla derivazione diretta dalle capanne a tholos, in Nino Lavermicocca, S.Pietro di Crepacore.

5  Renato Bollati - Sergio Bollati - Giuseppe Lonetti, L’organismo architettonico. Metodo grafico di lettura, Firenze 1990, pp. 96-97.

6  G. Bertelli, Cultura longobarda nella Puglia altomedievale. Il tempietto di Seppannibale presso Fasano, Bari 1994, p. 41 e bibliografia relativa.

7  N. Lavermicocca, Torre S. Susanna (Brindisi), chiesa di Masseria "Li Turri", in «Taras-Rivista di Archeologia», VII (1987), 1-2, pp. 177 s.

8  F. D'andria, Forme rustiche e tradizione colta in due chiese altomedievali pugliesi, Contributi dell'Ist. di Archeologia dell'Univ. Cattolica del Sacro Cuore, I, Milano 1967, pp. 201-214; R. Jurlaro, Note sull'architettura paleocristiana nel Salento: La Madonna dell'alto presso Campi Salentina, in «Vetera Christianorum», 7, pp. 367-377; N. Lavermicocca, Aggiornamento a Bertaux, IV, pp. 228-229; V, p. 621; L. Mongiello, Chiese di Puglia. Il fenomeno delle chiese a cupola, Bari, pp. 33-35; P. Belli d'elia, Il santuario di S. Michele Arcangelo tra VII e VIII secolo e alcuni esempi di architettura altomedievale della Puglia longobarda.

9  G. Bertelli, Cultura Longobarda nella Puglia altomedievale. Il tempietto di Seppannibale presso Fasano. 1994; G. Bertelli, Puglia preromanica, dal V secolo agli inizi dell’XI, Milano 2004, p. 121.

10  Franco dell'Aquila - Aldo Messina, Le chiese rupestri di Puglia e Basilicata, Bari 1998, p. 95.

11  Ivi, p. 82.

12  Ivi, p. 99; A. venditti, Architettura bizantina nell’Italia meridionale. Campania-Calabria-Lucania, p. 280.

13  Storia di Bari, dalla preistoria al mille, a cura di  Francesco Tateo, Bari, pp. 344 e 361.

   

      

©2007 Giuseppe Dalfino.

   


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